{{IMG_SX}}Perugia, 17 luglio 2008 - Sono ventidue le richieste di rinvio a giudizio del pubblico ministero Giuliano Mignini per la messinscena del doppio cadavere del medico Francesco Narducci. Numerosi i capi d’imputazione per una vicenda che risale al 1985 e che Mignini ha ritenuto un tentativo di ostacolare le indagini della procura di Perugia, anche attraverso bugie raccontate al magistrato e agli ufficiali di polizia giudiziaria che svolgevano le indagini sull’omicidio.
Si torna a parlare quindi del giallo del medico scomparso al lago Trasimeno e che – secondo il teorema accusatorio – sarebbe stato coinvolto nei delitti delle coppiette attribuiti al mostro di Firenze. Dopo l’avviso di conclusione delle indagini, ecco ora la richiesta di rinvio a giudizio.
MoltiI degli indagati sono gli stessi per i quali il pm Giuliano Mignini aveva già richiesto l’archiviazione di una serie di reati: per intervenuta prescrizione (è trascorso davvero molto tempo) o perchè (nel caso del reato di omicidio) gli investigatori non sono riusciti, a distanza di così tanti anni, a raccogliere prove sufficienti per andare in giudizio.
Un caso diverso è quello dell’ipotesi di associazione per delinquere contestata al padre del medico, Ugo Narducci, al fratello Pierluca, all’avvocato Alfredo Brizioli, al questore Francesco Trio, all’allora dirigente Luigi De Feo e Adolfo Pennetti Pennella, già comandante del nucleo elicotteristi dei vigili del fuoco; è morto in questi giorni l’ex capitano dei carabinieri a cui era stato inviato lo stesso avviso di conclusioni delle indagini.
Secondo la procura, sarebbero stati loro ad accordarsi per occultare il cadavere di Francesco Narducci. Gli indagati devono anche rispondere di vilipendio, distruzione e uso illegittimo di cadavere "relativamente al corpo di uomo caucasico - è scritto nel capo d’imputazione - rimasto sconosciuto, morto per cause ignote, in epoca anteriore e prossima al 13 ottobre 1985, immerso nel lago Trasimeno, fatto riemergere con i documenti di Narducci e infine definitivamente soppresso o sottratto per accreditare il decesso per annegamento di Narducci, morto in realtà per omicidio nel pomeriggio dell’8 ottobre 1985".
Tra le accuse c’è quella di falso in relazione al certificato di morte del gastroenterologo (che inizialmente portava la data del 9 ottobre) e all’esame esterno compiuto sul corpo del medico. E quella di soppressione "di parti anatomiche femminili in un immobile in uso al Narducci, provenienti verosimilmente dagli ultimi delitti già attribuiti al mostro di Firenze". La tesi del magistrato è che parenti e personaggi istituzionali si sarebbero accordati per nascondere il delitto del medico ed evitare che venisse alla luce il suo ipotetico coinvolgimento nella sequenza di sangue del mostro, anche distruggendo le informative di polizia giudiziaria: dagli archivi dei pompieri e polizia sono scomparse le carte di quell’indagine.
Nell'ultimo fascicolo della procura sul mistero Narducci c’è posto anche per una serie di imputazioni collaterali. E’ così che il pm vuole processare il professor Fabio Dean che avrebbe tentato di intervenire su un sottosegretario alla giustizia per bloccare le iniziative investigative della procura che, proprio in quei giorni, aveva chiesto l’arresto - non concesso dal giudice preliminare - dell’avvocato Alfredo Brizioli.
Quest’ultimo deve rispondere anche di subornazione nei confronti di alcuni testimoni chiamati nel corso dell’incidente probatorio. Le indagini sono state compiute dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria: i difensori sono Falcinelli, Brunelli, Pomanti, Zaganelli, Ghirga, Spina, Di Santo, Filastò, Traversi, Tomassoni, Pochini, Mezzasoma e Baldassarri.
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