di Gabriele Masiero
PISA
"Una festa di famiglia, cioè un’occasione in cui la comunità pisana, insieme però a quanti da tutto il mondo vengono a Pisa per ammirare le meraviglie della nostra Piazza del Duomo, si è voluta stringere intorno a un monumento che in qualche modo ci rappresenta tutti, nella sua riacquistata solidità, e insieme nella sua incredibile fragilità, segno eloquente del nostro tempo e della temperie culturale che stiamo vivendo".
L’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto descrive così l’anno di celebrazione per gli 850 anni della Torre pendente che oggi diventa un libro, "Campanile 850. Un racconto per immagini" che sarà distribuito in abbinamento gratuito con La Nazione il 14 dicembre. Un compleanno che va al di là della semplice ricorrenza.
"Certo perché i pisani come me hanno potuto vedere, giorno dopo giorno, quanto è stato fatto perché il nostro campanile non franasse sotto il peso della sua massiccia struttura pendente, sanno quali siano state le preoccupazioni e i timori che determinarono e accompagnarono la sua chiusura ai visitatori, gli studi che impegnarono tecnici di rilievo internazionale, tentativi di soluzione che sembrarono non avere futuro e poi quel lavoro che potremmo definire ‘artigianale’ che grazie alla sottoescavazione permise di ‘raddrizzare’ in parte un moto di pendenza che sembrava diventare sempre più inarrestabile. E poi la gioia della riapertura, il restauro materico e il personale dell’Opera allenato ad operare come ‘funamboli’ capaci di restaurare capitelli e marmi difficilmente accessibili in altro modo. Insomma una storia di cura e di attenzione che non solo continua, ma che con l’esperienza e le nuove acquisizioni tecniche è diventata esemplare nel panorama delle cattedrali europee".
Lei ha parlato di festa in famiglia, perché?
"Perché i pisani si sono ritrovati uniti in maniera inaspettata intorno al loro simbolo per eccellenza in due serate estive che sono state davvero festa di popolo, momento di riflessione e di ascolto sereno di un messaggio che ha sollecitato tutti, credenti e non credenti, a porsi domande di senso che facilmente vengono disattese ed emarginate, ma che invece fanno riaffiorare dal profondo del cuore e della mente di ciascuno quel bagaglio di esperienze che danno certezza e riferimenti validi per una vita più serena e più attenta allo spirito di comunione e di appartenenza che lega tra loro tutti gli uomini e le donne del mondo".
Recentemente però lei ha richiamato anche il valore spirituale della piazza che non può essere né un Luna Park, né solo un museo.
"I nostri monumenti sono prima di tutto segni della fede cristiana per essere certamente abitati dai fedeli battezzati, ma nello stesso tempo, aperti ad accogliere chiunque voglia entrare in essi, mantenendo ed esplicitando la loro missione più vera che è quella di indicare, anche attraverso l’arte, quali siano le vie che conducono a una vita bella e buona in questo mondo perché, alla fine del cammino terreno, si spalanchi la pienezza della vita con Cristo Risorto nel Regno del Padre celeste".