MARIO FERRARI
Cronaca

A scuola di buddismo. Corso per affrontare i temi del fine vita con la meditazione

Dal viaggio di alcuni professori in India nasce un nuovo percorso formativo . Conversano: "Unirà psicologia, sociologia, medicina e filosofia orientale" .

A scuola di buddismo. Corso per affrontare i temi del fine vita con la meditazione

Dal viaggio di alcuni professori in India nasce un nuovo percorso formativo . Conversano: "Unirà psicologia, sociologia, medicina e filosofia orientale" .

Il buddismo al servizio dell’Università di Pisa per allietare il percorso finale dell’esistenza umana. È l’obiettivo del corso di perfezionamento del Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica di Unipi che, unico in Europa, punta a far comprendere e gestire il fine vita attraverso un duplice approccio della scienza e della meditazione. Il corso, al quale ci si può iscrivere fino al 16 settembre, si compone di 80 ore di lezioni teoriche (di cui 64 online), 16 in presenza e 32 di pratiche esperienziali e laboratorio. Le lezioni dal vivo si svolgeranno all’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia che metterà a disposizione, oltre alle risorse logistiche e alla possibilità di vitto e alloggio, i suoi maestri e istruttori altamente qualificati. L’ideatore

del corso è Ciro Conversano, professore associato di psicologia, il cui obiettivo è "rispondere alle nuove richieste provenienti da istituti ospedalieri, cliniche e ospizi, dai professionisti, dagli studiosi e da tutti coloro si confrontano con la complessa e inevitabilità esperienza della morte".

Professore, come intendete farlo?

"Attraverso la meditazione. Vogliamo affrontare il tema della morte e dell’accompagnamento con il contributo di esperti di discipline apparentemente distanti tra loro ma in grado di illuminare i diversi aspetti del problema suggerendo risposte in grado di coglierne l’inerente complessità".

Cosa intende?

"Che la sfera del fine vita è ampia: ci sono tantissimi aspetti coinvolti di socialità, spiritualità, filosofia e altri. Legate dal filo della meditazione, queste tecniche permettono di metabolizzare il momento e del lutto per chi accudisce e rendere accettabile il pensiero della morte per chi è prossimo, vedendola come una tappa naturale".

E, detto cinicamente, funziona?

"Sì. Aiuta molto. Accettare che si è alla fine della propria esistenza spesso ci rende più consapevoli del tempo che rimane e quindi incrementa moltissimo la qualità della vita. Mi verrebbe da dire che per molte persone, prima di questa consapevolezza, vivere era ‘di passaggio’ e una volta che la acquisiscono danno valore a ciò che è realmente importante".

Da dove nasce l’idea?

"Più che un’idea una missione. Io ho lavorato per 15 anni nel sostegno psicologico e accompagnamento alla morte, durante questo periodo ho imparato che aprirsi all’idea della fine aiuta molto non solo ad accettarla, ma anche a valorizzare il tempo che resta. Questo interesse mi ha avvicinato alle neuroscienze e alle varie religioni, finché non ho conosciuto il buddismo e pure il Dalai Lama".

Sembra la trama di un film.

"Era il 2020, facevo parte di una delegazione dell’Università di Pisa diretta in India per studiare da vicino gli effetti sull’attività cerebrale di una serie di pratiche meditative avanzate. Si tenne un convegno dove fu presente anche il Dalai Lama e in quell’occasione mi affidò la missione di ‘’alleviare la sofferenza delle persone nel percorso di vita’’. Un compito che tutt’ora mi impegno a portare avanti, anche con questo corso".

Ma a chi si rivolge il corso?

"Non c’è un target preciso di persone. A medici, palliativisti, psicologi, psicoterapeuti, infermieri e operatori sanitari, così come a chi si ritrovava ad assistere familiari in fin di vita".