di Giovanni Paolo Benotto*
L’evangelista Luca racconta che Maria, giunta al momento del parto "diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio"(Lc 2,7). Poche parole per raccontare il disagio della non accoglienza per una coppia, quella di Maria e di Giuseppe che diventano genitori, senza avere a disposizione una casa accogliente e un ambiente dignitoso per il neonato Gesù. Non sappiamo perché non ci fu neppure una stanza per accogliere Gesù; possiamo immaginare che il piccolo e insignificante villaggio di Betlemme fosse pieno di persone – poveri discendenti di Davide – che erano tornate alle radici delle proprie famiglie a causa del censimento. Certamente nessuno conosceva l’identità di questi due giovani sposi; nessuno avrebbe potuto immaginare che stava realizzandosi l’antica promessa fatta da Dio di "visitare" il suo popolo e di offrire salvezza al mondo attraverso un piccolo indifeso, un inerme sconosciuto, uno dei tanti che non brillavano certo per notorietà e per censo sociale. Se io mi fossi trovato a Betlemme nel tempo di quel censimento, come mi sarei comportato? Se i due giovani sposi di Nazareth avessero chiesto ospitalità a me, quale risposta avrei dato? E’ vero che con i se e i ma non si fa la storia; è anche vero però che di fronte al ripetersi costante, anche nel nostro tempo, anche nei nostri contesti di vita, di avvenimenti come quello di Betlemme, domandarsi quale potrebbe essere il nostro modo di comportarci, può fare la differenza: cioè è possibile trovare l’alloggio necessario per chi ne ha bisogno, oppure scarichiamo la responsabilità su altri perché c’è sempre qualcun altro che "dovrebbe" anche quello che ciascuno "potrebbe"? Scaricare su qualcun altro le responsabilità che competono a ciascuno, è un’abitudine talmente diffusa che spesso non ci pensiamo neppure che le nostre inadempienze possano concorrere ad aggravare fatiche e sofferenze per il prossimo in difficoltà. Perché mai dovrei prendermi cura di qualcuno che magari neppure conosco o privarmi di qualcosa per andare incontro a chi ha bisogno? Perché preoccuparmi degli altri, quando sempre più spesso gli altri si disinteressano di me?
Anche il Figlio di Dio avrebbe potuto lasciar perdere di venire incontro agli uomini così poco attenti a Lui; non era certamente in debito con nessuno per dover restituire qualcosa ad una umanità incentrata su se stessa e spesso del tutto indifferente agli appelli della coscienza oltre che a quelli della Legge di Dio. Ed invece, al di là di ogni merito dell’uomo, "il Verbo si è fatto carne, ed è venuto ad abitare in mezzo a noi" solo ed esclusivamente per amore; ed anche se "i suoi non lo hanno accolto", "a quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome"(Gv 1,11-12).
Anche tu che mi leggi hai avuto e continui ad avere la possibilità di diventare figlio di Dio mediante la fede; hai la possibilità di accogliere il Signore e di dargli un "alloggio" nella tua vita, e se è vero che "Dio nessuno lo ha mai visto, il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato"(Gv 1,18), accogliendo nella fede Gesù che è presente nei sacramenti, i segni sacri della Chiesa, ma anche nei poveri e negli abbandonati, possiamo fare spazio al Signore, dargli ospitalità nel nostro cuore e nella nostra vita, sicuri che dando spazio a lui non togliamo spazio a nessuno, mentre quando finiamo per limitargli lo spazio in noi, alla fine, tragicamente, si finisce per togliere qualsiasi spazio agli altri, cioè all’Amore, per rinchiuderci nella desolazione dell’egoismo. Buon Natale a Tutti nel segno dell’Amore che viene dal Padre celeste, nella consapevolezza che solo in Cristo Gesù povero ed umile sarà finalmente possibile rinnovare il mondo nella pace.
*Arcivescovo di Pisa