Accusato di stupro: assolto. Indennizzo di 66mila euro

E’ rimasto in carcere per 229 giorni: "Ha patito un’ingiusta detenzione" "L’ex autista ha perso il lavoro e ha avuto numerosi problemi di salute" .

Accusato di stupro: assolto. Indennizzo di 66mila euro

Accusato di stupro: assolto. Indennizzo di 66mila euro

di Antonia Casini

Duecentoventinove giorni di reclusione decretati come "ingiusti" dal Tribunale. E adesso la Corte d’appello - la sentenza è recentissima - gli ha riconosciuto un indennizzo di 66mila euro. Una storia lunga e difficile quella dell’uomo arrestato (con risalto mediatico "che inciso sulle sue relazioni personali") durante una consegna di mobili, all’epoca era autista e montatore, "ha poi perso il lavoro ed è stato sfrattato". Dopo 8 mesi di carcere - 229 giorni, appunto - è stato assolto. I suoi legali, gli avvocati Maria Concetta Gugliotta e Alberto Marchesi, hanno chiesto e ottenuto l’indennità per ingiusta detenzione. L’ultrasessantenne era accusato di aver compiuto atti sessuali in più occasioni con una donna più giovane di lui. Un’accusa gravissima, quella di violenza sessuale, arrivata 10 anni fa a cui seguì la misura cautelare in attesa del processo. Lui - la ricostruzione fatta in seguito - conosceva bene la famiglia di lei e aveva cercato di aiutarla, in particolare la madre. Ma la figlia a un certo punto lo aveva denunciato. Le indagini, le manette e poi il carcere dove ha passato 8 mesi. A luglio del 2015, la sentenza. Il Collegio lo ha assolto perché "il fatto non sussiste". La parte offesa era stata ascoltata in aula dove aveva risposto a più domande tra cui quella di descrivere le parti intime dell’uomo. L’ex trasportatore da piccolo è stato operato, un intervento i cui esiti sono ancora evidenti. Ma, quando alla donna è stato chiesto di riferire sui dettagli anatomici non aveva segnalato problemi. Da qui il proscioglimento. L’uomo si era detto innocente.

Il verdetto era stato impugnato dalla procura e il caso era finito davanti ai giudici d’Appello di Firenze che avevano confermato il responso del primo grado pisano. La sentenza era diventata definitiva. "Il nostro cliente nel frattempo ha avuto guai seri di salute, ha dovuto trasferirsi", raccontano i suoi difensori. Poi la richiesta di indennità per la custodia cautelare "legittimamente sofferta". In prima istanza, la Corte aveva stabilito che il 60enne non aveva diritto a un indennizzo perché in sede di interrogatorio si era avvalso della facoltà di non rispondere. "L’esercizio del diritto al silenzio per espressa volontà di legge non può concorrere alla privazione della libertà personale", avevano commentano i suoi legali. La Corte ha dato loro ragione.