Pisa, 26 gennaio 2025 – “Nell’ago c’è tutto il simbolismo del predatore sessuale e bene ha fatto la polizia a lavorare a ritroso partendo proprio dai sex offender per individuare la persona sospettata”. La criminologa Anna Vagli, interpellata da La Nazione, torna sul caso di needle spiking che da giorni sta terrorizzando le pisane più giovani. Qualche giorno fa proprio sul nostro giornale aveva per prima delineato la figura dell’aggressore con il profilo del predatore, ovvero di un “individuo altamente strategico e calcolatore, privo di empatia, con tratti antisociali e narcisistici”. E, aggiunge Vagli, “visto lo sviluppo dell’indagine ora ci sarebbe anche di più, un pattern criminologico ben preciso e ben individuabile: il presunto aggressore prende di mira studentesse giovanissime, più o meno della stessa età della donna che ha ucciso molti anni fa, reato per il quale ha finito di scontare la pena nel 2022”. “È - osserva la criminologa - come se lui fosse rimasto fermo ad allora”.
Che cosa ci insegna questa vicenda?
“Che nel mondo che vorrei servirebbe un legislatore che sappia prevedere tutte le possibili fattispecie di reato, anche le più improbabili. Ma questo è praticamente impossibile. Però ci stimola riflettere sul fallimento dell’aspetto rieducativo della pena, che in questo specifico caso, evidentemente, non c’è stato”.
Perché?
“Nelle condotte del sospettato appare evidente un movente misogino e di frustrazione nei confronti delle donne. Ora come allora, quando scatenò la sua ira nei confronti della vittima. Un sostanziale e inalterato odio verso il genere femminile. La puntura di un ago simbolicamente rappresenta una violenza sessuale senza commetterla, ma che regala a chi la compie la soddisfazione di avere costretto la vittima, quindi la giovane donna, a subirne il danno psicologico che, nel caso in questione, è molto più grave di quello fisico. Insomma, alla fine l’aggressore raggiunge comunque il suo obiettivo”.
Dove non arriva la legge (e di conseguenza il codice penale) come si può intervenire e prevenire?
“Lavorando sui modelli culturali e contrastando qualunque forma di violenza di genere o di prevaricazione maschile sulle donne. C’è poco altro da aggiungere, quanto accaduto, al netto delle contestazioni penali che la procura intenderà ravvisare, ci dice che è stata messa in atto una ‘violenza di genere’ che va combattuta intanto convincendo gli uomini a non vendicarsi sulle donne per i proprio insuccessi o per i propri fallimenti. E’ per questo che il caso pisano merita, alla fine, di essere guardato come un precedente interessante sotto l’aspetto meramente criminologico per affinare sempre di più le fattispecie di reato ai tempi moderni ma anche per sviluppare sempre di più condotte e politiche che contrastino le violenze di genere in ogni sua forma e non appena se ne intravedano anche le più piccole avvisaglie”.