STEFANIA TAVELLA
Cronaca

Anche l'Università di Pisa nell'esperimento del Cern che potrebbe rivoluzionare la fisica

Sozzi: "Realizzato il sistema elettronico di selezione e lettura dei dati. Le particelle K permettono di mettere alla prova le attuali teorie sulla composizione dell'universo con una precisione difficilmente raggiungibile in altro modo"

Un gruppo di fisici al lavoro sull'esperimento

Un gruppo di fisici al lavoro sull'esperimento

Pisa, 7 ottobre 2024 - “Il gruppo di Pisa, che comprende alcuni docenti dell’ateneo e personale della sezione di Pisa dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, ha contribuito in modo essenziale a numerosi aspetti della costruzione del raffinato apparato sperimentale, in particolare negli ultimi anni realizzando il sistema elettronico di selezione e lettura dei moltissimi dati raccolti e contribuendo alla loro analisi”. Così Marco Sozzi, professore del dipartimento di Fisica, spiega come il nostro ateneo abbia dato un contributo fondamentale nell'esperimento del Cern che potrebbe rivoluzionare il mondo della fisica. 

Al centro di tutto, infatti, ci sono le osservazioni su una rarissima forma di decadimento che avviene soltanto una volta ogni dieci miliardi di casi di una particella chiamata 'kaone' scoperta quasi 80 anni fa. Secondo gli scienziati, i risultati ottenuti dall’esperimento NA62 sono ancora compatibili con le previsioni del Modello Standard, la teoria di riferimento della fisica che descrive il comportamento di tutte le particelle, ma se ne discostano un poco. Gli eventi osservati, infatti, sono del 50% più numerosi del previsto. Ciò potrebbe essere dovuto all’effetto di particelle sconosciute, e non previste dal Modello Standard, che aumentano la probabilità di questo fenomeno.

Le particelle K – continua Sozzi - sono estremamente sensibili a fenomeni anche molto piccoli ed elusivi, e quindi permettono di mettere alla prova le attuali teorie sulla composizione dell'universo con una precisione difficilmente raggiungibile in altro modo”. L'esperimento NA62 è frutto di una collaborazione internazionale ed è coordinato dall'ottobre 2022 da Giuseppe Ruggiero, ricercatore all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e professore all'Università di Firenze.