Arno inquinato come la Senna? L’esperto: “Voi non tuffatevi. Batteri e sostanze dannose per la salute sono in agguato”

Gareggiare in acque non proprio ‘azzurre’: con Antonio Giuntini, storico istruttore di canottaggio, facciamo la radiografia al fiume: “Ai miei tempi se qualcuno beveva l’acqua gli veniva dato del latte, una sorta di rimedio della nonna”

Pisa, 7 agosto 2024 – “Un tuffetto in Arno? Più sì che no. Una nuotata? Mai”. Antonio Giuntini che ha dato tanto al canottaggio pisano sia come atleta che come istruttore fino ad affiancare il leggendario Giuseppe Abbagnale nel consiglio nazionale della Federazione italiana canottaggio, viene «solleticato» da La Nazione ad un confronto sfrontato ed irriverente (forse) tra sport acquatici in Arno e lungo la Senna che tanti mal di pancia (in senso letterale e fisico) sta dando a chi deve nuotare per tanto tempo nella grandeur delle acque parigine. «Facendo canoa e canottaggio si cade in Arno. Non spesso, ma ci sta caderci. Un conto però, è un tuffetto non voluto, e poi subito la doccia, altra cosa è nuotarci. Anche il presidente della Regione Giani, il tuffo lo fa e con tanto di costume storico da canottiere ma non è che si spertica in bracciate di mezz’ora».

Le è mai successo di sentirsi male o di essere stato testimone di malori post ‘tuffo’ in Arno?

«No. Ricordo che se qualcuno beveva l’acqua del fiume gli veniva dato del latte, una sorta di rimedio della nonna».

Come era l’Arno ai tempi della sua attività?

«Terribile. Ecco, poteva essere veramente pericoloso caderci ma anche vogarci. Eravamo nei primi anni ‘70. Il distretto conciario di Santa Croce era in piena espansione».

Per cosa era pericoloso l’Arno?

«A volte il nostro istruttore ci intimava di uscire velocemente dall’acqua: miasmi, non si respirava, l’acqua puzzava proprio, e diventava nera. Era il periodo in cui si conciavano le pelli con il cromo. C’erano esalazioni a pelo d’acqua insopportabili».

Peggio della Senna?

«Non so. So solo che in quegli anni, si mescolavano in Arno gli inquinanti chimici delle concerie con i liquami fognari delle città in espansione e senza fogne. Era una miscela micidiale».

Si è andati avanti così, fino a quando?

«Fino agli anni ‘80. Le concerie di Santa Croce infatti, si dotarono di un sistema di depurazione tra i più grandi di Europa. Per cui quando divenni istruttore, ai genitori che mi chiedevano “ma se mio figlio cade in Arno?“ io rispondevo loro “lo ripeschiamo“ nel senso che non c’era pericolo bastava saper nuotare e poi una bella doccia».

Prima di quegli anni, l’Arno come era?

«Negli anni ’30 non solo si facevano gare di nuoto nel fiume ma addirittura si faceva il fondo, cioè si arrivava a Boccadarno. Negli anni ’40, c’era il mare dei poveri, era quello nell’ansa sul viale delle Piagge. Lì c’erano le spiagge. Lì il bagno era quotidiano. Era per quelli che non si potevano permetter di andare fino a Marina».

Che ne pensa delle proteste degli atleti che devono nuotare nella Senna?

«So solo che non nuoterei a lungo in Arno. Stessa cosa per la Senna. Nel nuoto, è quasi fisiologico che un po’ di acqua tu la beva o che ti entri nel cavo orale; germi, batteri e sostanze dannose per la salute sono in agguato».