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Botteghe addio. E Pisa è viva solo di notte

Viaggio tra passato e presente da Borgo Stretto a Corso Italia: locali per giovani e grandi catene hanno cambiato il Dna del centro storico

di Eleonora Mancini

PISA

I più giovani o le migliaia di studenti fuori sede che vanno per Borgo e Corso Italia certo non sapranno mai che, prima della grande catena dal nome esotico dove oggi acquistano abiti, scarpe, telefonini o trucchi e profumi, c’erano un nome o un cognome che sapevano di pisano, o una modesta ma comunque chiara indicazione merceologica come "Casa del Busto", "Pelletterie", "Profumeria", "Lavasecco". La globalizzazione, il progresso, la crisi, uno di essi o tutti e tre insieme hanno cambiato la faccia al centro storico di Pisa dove a poco a poco sono spariti i negozi di una volta e il loro posto è stato preso, quando va bene, cioè non sono sfitti, dalle grandi catene, o dagli ennesimi bar, ristoranti, kebab e negozi di souvenir. Le cronache degli ultimi decenni hanno marcato chiusure e fini di tanti negozi storici, pochi dei quali ancora sopravvivono, come a dirci che oggi la legge del commercio è una specie di selezione darwiniana: resteranno i migliori.

Sarà proprio così? E fra vent’anni, qualche vecchia istantanea di Corso Italia o di Borgo, come sono oggi, muoverà la stessa nostalgia o le medesime emozioni che suscitano le immagini anni ’80 o anni ’70? Immagini che anche l’attuale sindaco spesso prova a rievocare nella memoria dei pisani per rappresentare la sua idea di città lasciata, in alcuni settori come il commercio, impoverita dalla corsa alla globalizzazione degli ultimi decenni. "L’omologazione è dilagante, il commercio nel centro storico ha ceduto il passo alle grandi catene che trovi in ogni città del mondo", è la riflessione di Francesco Cerrai, geometra e dipendente dell’Università di Pisa, autore del blog su facebook Pisa: la città, il mare, il contado. Nel suo blog Cerrai fa un’operazione di "ricerca sulle cose di Pisa" e di condivisione mosso da uno spirito curioso e appassionato per la storia della città. Lo stesso spirito che lo ha spinto a raccogliere e a pubblicare due "vasche negli anni 80", con foto, recuperate dal sito del Comune di Pisa, dei negozi di quegli anni a confronto con le stesse di oggi.

"A quei tempi – ricorda Cerrai che oggi ha 48 anni – usava dire ‘vado dal Bendinellli’, vado ‘da Principe’, vado ‘dal Chimenti’. Il nome evocava una vetrina, un luogo e una famiglia oggi sostituite dalle grandi catene che sono uguali dovunque. Io ero un frequentatore della Politecnica a Palazzo Mastiani, che vendeva modellini di aeroplani, ad esempio". Cerrai aggiunge: "C’è chi ritiene che i negozi di oggi siano migliori di quelli di una volta. Quando ero ragazzo, alcuni ‘bottegai pisani’ erano noti come poco amichevoli o scortesi, tanto che era frequente il confronto con Lucca e il ‘garbo’ dei suoi commercianti".

Nelle foto raccolte e rielaborate da Cerrai si vedono ModaShop, Melani, il Cinema Astra, Pallini, Sodini, Scarlatti, il Cinema Teatro Italia, i negozi Fontana, Anita mercerie, Cervelli e persino l’Istituto Informazioni Investigazioni (oggi, verrebbe da dire, sostituibile dai social); un compendio insomma di Corso Italia com’era, nella sua semplice caratterizzazione di via commerciale di una città di provincia degli anni ’80, con i suoi pregi e i suoi difetti. Il dato è che il centro storico è irrimediabilmente cambiato e mentre i negozi di prossimità o a conduzione familiare spariscono vengono sostituiti da bar, pub e ristoranti a ogni metro: "Se un quartiere come San Francesco – nota infine Cerrai - si è riempito di locali dedicati al divertimento, vuol dire che il quartiere vive di notte e anche questo fa fuggire i residenti, col risultato che il centro si svuota".