di Saverio Bargagna
Seimila chilometri, un mare e un lungo deserto separano Pisa da Niamey, capitale del Niger. Eppure i riflessi del colpo di Stato che ha destabilizzato il paese africano raggiungono la Torre. "La scuola Sant’Anna – argomenta Andrea De Guttry, professore di diritto internazionale nonché vice-rettore della Sant’Anna – ormai da anni lavora in Niger con un progetto finanziato dal Ministero degli Affari Esteri. Il Niger è considerato un paese prioritario in quanto rotta nel traffico di essere umani. Con il consenso del Governo nigerino abbiamo avviato numerosi progetti fra cui una scuola di formazione dei magistrati, un’idea particolarmente brillante proprio per la centralità strategica di questo territorio". Un corso che si è concluso appena 15 giorni fa. "L’Italia – continua il professore De Guttry – ha investito molte risorse in Niger uno Stato che, da sempre, ha mantenuto ottimi rapporto con il mondo occidentale a differenza di altre realtà africane dell’area. Il nuovo governo ha annunciato che rispetterà gli accordi internazionali già presi, ma la situazione è del tutto fluida e può accadere ogni cosa". "Sarà interessante – continua De Guttry – capire quale sarà la reazione dell’Unione africana. Nello statuto dell’Unione è previsto di poter intervenire militarmente in caso di colpi di stato. Ciò però non è mai avvenuto e difficilmente, credo possa verificarsi stavolta. La Francia sta lavorando su questa opzione, gli interessi transalpini nell’area infatti sono ancora più forti di quelli italiani. Dubito però che l’Unione Africana possa intervenire militarmente. ‘Non è il momento di fare i cow-boy’, sono state le parole pronunciate dal ministro Crosetto".
Ma che cosa abbiamo da perdere? "Da un lato rischiamo di gettare al vento tutti gli investimenti fatti in questi anni: investimenti sul piano della sicurezza, ma anche sotto il profilo medico. Abbiamo innumerevoli progetti umanitari in collaborazione con il governo del Niger che rischiano di sparire nel nulla. Inoltre, il Niger ha sempre collaborato nella lotta contro il traffico degli esseri umani. Se questa rotta non viene più controllata potrebbe esservi un consistente aumento di persone che raggiunge le sponde del Mediterraneo con conseguenze significative".
Particolarmente preoccupato Alberto Barbieri di Medici per i diritti umani: "Da quattro anni siamo presenti in Niger con competenze sanitarie – spiega Barbieri – sia a supporto della popolazione locale che nei grandi campi profughi. Da circa un anno, con personale sanitario specializzato anche pisano, abbiamo avviato un programma di sviluppo di salute mentale in un Paese che non ha nessuno neuropsichiatra infantile. Un maxi progetto che prevede la costruzione di un reparto di neuropsichiatria". "Siamo in costante contatto con l’equipe che opera sul campo – conclude Barbieri – e abbiamo predisposto il ritorno di una dottoressa italiana che in questi giorni si trovava nella capitale. Noi però stiamo continuando, anche se a scartamento ridotto, il nostro lavoro e speriamo di poter riprendere al più presto la piena operatività a sostegno del popolo nigerino".