REDAZIONE PISA

Cardiologia, gioco di squadra contro il Covid

L’U.O. diretta dal professor De Caterina: tamponi rapidi (risposta in un’ora) per gestire i pazienti in ingresso. Premiata la ricerca pisana.

La pandemia da COVID-19 ha richiesto una revisione profonda e rapida dell’assistenza sanitaria ospedaliera. L’Azienda Ospedaliero- Universitaria Pisana ha attuato nella fase più grave della pandemia uno schema operativo di riorganizzazione interna del Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare per la gestione del paziente affetto da cardiopatie acute. Questa rapida ristrutturazione ha consentito fin dai primi momenti dell’insorgere dalla pandemia di separare i flussi dei pazienti infetti o potenzialmente infetti dai non infetti.

E’ stata così creata un’area dipartimentale di emergenza in cui accogliere gli infartuati acuti non ancora classificati come positivi o negativi al COVID-19, zona definita come "area limbo". In questa zona di degenza, organizzata presso la Cardiologia 1- Universitaria di Cisanello e dotata di attrezzature e personale medico ed infermieristico dedicato, sono stati trattenuti i pazienti in attesa dell’esito del tampone prima del ricovero in terapia intensiva cardiologica, risposta che all’inizio della pandemia richiedeva anche oltre le 8 ore. Dal momento dell’apertura dell’area limbo, il 18 marzo, fino al 30 luglio vi sono stati ricoverati 66 pazienti, di cui soltanto 2 sono risultati positivi al COVID-19; nessun paziente è deceduto dell’area limbo. Il problema riorganizzativo della Cardiologia è stato dunque di gran lunga superiore a quello rappresentato dalle criticità specificamente legate al COVID-19.

Nel corso dell’emergenza virale è purtroppo emerso che gli infartuati giungevano in ospedale in condizioni cliniche di maggiore gravità rispetto al periodo precedente l’inizio della pandemia, in larga parte perché i pazienti stessi rimanevano al proprio domicilio per un tempo più lungo tra la comparsa dei sintomi e la chiamata al 118, tempo in media aumentato del 45%. A influire negativamente sulla cura dell’infarto ha pesato anche il ritardo del trasferimento in ospedale dei pazienti urgenti per l’elevata e straordinaria richiesta di trasporto medico legato alla pandemia. Dall’attivazione del sistema di emergenza all’ arrivo del paziente in Cardiologia per il trattamento dell’ infarto si è verificato infatti un aumento del tempo di circa 1 ora e mezzo rispetto al periodo pre-COVID-19.

Queste criticità sono state superate grazie all’impegno del personale sanitario e all’efficace riorganizzazione del dipartimento. Oramai i pazienti affetti da COVID-19 fortunatamente si sono ridotti, e al momento siamo tornati a uno standard di assistenza del cardiopatico acuto a livelli pre-pandemia. Inoltre nell’area limbo vengono ricoverati sempre meno pazienti grazie alla possibilità di utilizzare il test del tampone rapido che consente in circa 1 ora di avere la risposta di eventuale positività al COVID-19.

A suggellare l’avvenuto ritorno ad una quasi-normalità è emblematico il caso di una donna di 100 anni, affetta da infarto miocardico, che con il 118 è giunta in tempi brevi all’ospedale dove è stata sottoposta ad angioplastica coronarica nel Laboratorio di Emodinamica dell’azienda ospedaliera, diretto dalla professoressa Sonia Petronio. L’intervento eseguito dal dottor Paolo Spontoni si è concluso con successo senza complicanze e la signora ha proseguito fino alla dimissione la degenza nel reparto di Cardiologia 1-Universitaria, sotto la cura del professor Raffaele De Caterina e dei medici di reparto, i dottori Paola Capozza, Maria Grazia Delle Donne, Erika Michelotti e Paolo Caravelli.

La Cardiologia Universitaria Aoup rimane all’avanguardia anche per l’aspetto scientifico, come dimostra la recente pubblicazione, sulla prestigiosa rivista "The Lancet" di giugno, frutto della collaborazione con l’università Humanitas di Milano. Nella ricerca, che ha coinvolto 42mila pazienti affetti da malattia coronarica, cerebro-vascolare e degli arti inferiori, è stata valutata l’efficacia dei nuovi farmaci antipiastrinici rispetto all’aspirina, per la prevenzione di un nuovo infarto, di un ictus o della morte. Il professor Raffaele De Caterina, co-autore dello studio, sottolinea al riguardo che la "buona e vecchia" aspirina dimostra di mantenersi valida nella prevenzione cardiovascolare anche rispetto ai nuovi farmaci. I risultati della ricerca hanno dimostrato nel lungo periodo che i nuovi farmaci antipiastrinici, rispetto all’aspirina, danno solo un beneficio modesto nel prevenire l’infarto, senza superiorità sull’ictus e sulla mortalità.