Anche per la corte d’assise d’appello di Firenze, Emanuele Scieri, il 26enne parà siracusano, trovato cadavere sotto un tavolo della caserma Gamerra di Pisa il 16 agosto 1999, deceduto da tre giorni, fu ucciso. Non si suicidò. E, come per i giudici del tribunale di Pisa, due ex caporali, Alessandro Panella (difeso dall’avvocato Andrea Cariello) e Luigi Zabara (assistito degli avvocati Andrea Di Giuliomaria e Maria Teresa Schettini), devono essere condannti. La corte fiorentina, tuttavia, ha riformato la sentenza di primo grado riducendo le pene: 22 anni di reclusione a Panella e 9 anni, 9 mesi e 10 giorni a Zabara. In primo grado Panella era stato condannato a 26 anni, Zabara a 18 anni. Emanuele Scieri, laureato in giurisprudenza, venne chiamato sotto le armi nel luglio del 1999 quando stava già svolgendo pratica in uno studio legale. Finito il Car (il centro addestramento reclute) a Firenze, Scieri venne trasferito alla caserma Gamerra con altri commilitoni il 13 agosto. Dopo aver sistemato i bagagli in camerata – venne ricostruito – uscì insieme ad altri coetanei per una passeggiata nel centro di Pisa e rientrò in caserma alle 22.15, ma al contrappello delle 23.45 non rispose. In quel momento iniziò un giallo e una battaglia che ha visto protagonista una famiglia che non si è mai arresa. La svolta, però, arrivò molti anni dopo, con il lavoro della commissione parlamentare d’indagine che portò nel 2017 la Procura pisana – guidata allora dal procuratore capo Alessandro Crini – a riaprire il caso. Dopo un lungo lavoro di indagini, gli inquirenti arrivarono a mettere nero su bianco una ricostruzione della vicenda accusando tre ex commilitoni di Scieri: l’ex parà di leva sarebbe rimasto vittima di atti di nonnismo. I due imputati, con un terzo commilitone, Andrea Antico (assolto con rito abbreviato in primo grado e poi in appello con sentenza diventata definitiva), proprio la sera del 13 agosto del 1999, forse dopo un alterco, lo avrebbero picchiato anche dopo che lui aveva cercato una disperata fuga sulla torretta di asciugatura dei paracadute, facendolo poi precipitare e morire, e nascondendo il corpo sotto a un tavolo.
All’udienza di ieri il procuratore generale ha rinunciato alle repliche aprendo le porte alla camera di consiglio. Francesco Scieri, fratello di Lele (assistito dagli avvocati Alessandra Furnari ed Ivan Albo) dopo la lettura del dispositivo: "Per il dolore provato in questi anni, non importa sia stata ridotta la pena, ma che sia stata affermata la penale responsabilità dei due imputati". L’avvocato Furnari: "Sappiamo già che ci sarà da duellare fino in Cassazione"
Carlo Baroni