C’era una volta il medico: "Pochi quelli di famiglia"

Il presidente dell’ordine Giuseppe Figlini: "Stipendi bassi, aggressioni e troppa burocrazia. Occorre indirizzare le varie specializzazioni" .

C’era una volta il medico: "Pochi quelli di famiglia"

C’era una volta il medico: "Pochi quelli di famiglia"

In un momento storico con carenza di specialisti nella medicina generale, come si possono orientare gli studenti? Per rispondere a questa domanda si è tenuto al Polo Piagge il convegno, organizzato dalla Scuola di medicina dell’Università di Pisa, ‘L’arte di una professione al centro della comunità in un sistema sanitario moderno’. A introdurre il convegno il dottor Giuseppe Figlini, presidente dell’Ordine dei Medici di Pisa, che ha segnato "il primo passo di un’apertura e un’innovazione per il futuro della sanità".

Come mai è così importante questo convegno?

"Perché la professione del medico di famiglia è misconosciuta a livello universitario e viene insegnata troppo poco".

Perché?

"Ha meno attrattiva rispetto ad altre specializzazioni. Un tempo era comune specializzarsi in medicina generale, oggi sono cambiati i meccanismi. C’è un carico burocratico enorme e con soddisfazione sia economica che professionale minore. Quando ero medico di famiglia io, la nostra figura aveva molta più rilevanza e prestigio sociale, adesso invece i sanitari sono trattati male, offesi e addirittura aggrediti. Bisogna far capire fin dall’università che la medicina del territorio è sempre più importante per la medicina del futuro. Se non funziona il territorio non funziona niente".

Il nostro territorio funziona?

"Grazie a una giusta programmazione, abbiamo meno difficoltà per la medicina territoriale. In Toscana sono stati 230 gli studenti che hanno intrapreso la carriera di medici di famiglia quest’anno, significa che a Pisa ne arriveranno circa 40-45. Un numero in linea con gli scorsi anni, ma se non si investe nella medicina del territorio ne risente l’assistenza sanitaria: pronti soccorsi e cronici".

Non c’è il pericolo che a Pisa manchino medici di base?

"Sarà una mancanza relativa: consideriamo che tra 5 anni si parlerà di troppi medici. Vanno indirizzate le specializzazioni come chirurgia, medicina generale e pronto soccorso e, visto che in Europa siamo terzultimi per stipendi, partirei da questo fattore".

Basta un salario migliore per incentivare nuovi medici?

"Prima di questo, serve conoscere. Partiamo da un fatto: durante i sei anni di corso di laurea, gli studenti entrano in contatto col medico di medicina generale solo per un mese di tirocinio. Bisogna conoscere meglio questa figura. Non è soltanto colui che dà le ricette ma si tratta di un punto di riferimento, aiuto, amicizia ed empatia secondo l’Istat per oltre il 70% degli italiani. Va rimodulata la sua necessità nella sanità".

E come si può fare?

"Per esempio dando la giusta valenza alle case di comunità, che vanno riempite di specialisti e contenuti e collocate dove possono essere più utili soprattutto per i centri più piccoli e dislocati. Senza prossimità non si risolve niente. Chi sta a Calambrone non va alla casa di comunità a Pisa, o ha il medico di famiglia o va al pronto soccorso".

Mario Ferrari