di Mario Ferrari
"Col mio team diamo precedenza a progetti che possano avere un impatto positivo nella società e tendiamo a lavorare solamente con influencer che facciano della trasparenza il loro cavallo di battaglia". In un mercato che chiede sempre più autenticità sui social serve un nuovo modello di influencer. Non più l’ostentazione a ogni costo ma persone che possano essere seguite e scelte dalle aziende come volti per trasmettere i loro valori. In quest’ottica si colloca “Jungler”, Società Benefit co-fondata dalla pisana Irene Jin, che si occupa di consulenza strategica per le campagne di influencer marketing, che nel suo lavoro ha deciso di impegnarsi per creare un nuovo modello di business basato sulla sostenibilità e sull’etica. "I consumatori - spiega Jin - , presi dai problemi sociali ed economici di tutti i giorni, vedono l’influencer non più come un modello a cui aspirare ma, invece, scelgono di seguirlo se è una persona che trovano allineata ai propri valori e in cui si possano riconoscere".
Irene Jin, cosa significa concretamente per voi essere una Società Benefit? "Che con il mio team abbiamo scelto di distinguerci sul mercato non solo per i nostri servizi ma per un nuovo modello di lavoro che vede centrale la trasparenza e l’etica della professione. Diamo infatti precedenza a progetti che possano dare un impatto positivo nella società e tendiamo a lavorare solamente con influencer certificati".
L’etica paga online? "Assolutamente. I social stessi valorizzano sempre più l’impegno sociale e la coerenza, soprattutto nella generazione Z (nati tra la fine degli anni ‘90 e il 2010) che è molto vicina ai valori di sostenibilità, inclusività e parità di genere. Per i giovanissimi, che sono i consumatori tanto attuali quanto futuri, è molto importante comunicare con coerenza e trasparenza".
Come si coniugano questi valori con il grande pubblico dei social? "Attraverso l’autenticità. Non serve essere “paladini della giustizia” ma è fondamentale riuscire a trasmettere i propri valori in modo autentico e genuino nella proprio comunicazione, senza necessità di ostentare".
E nel concreto, il suo team come si sente a lavorare con una ‘missione’ sociale? "Sono tutti contenti, spronati a fare meglio e a vivere il lavoro con serenità: se una persona vuole uscire prima per avere del tempo per dedicare alle proprie passioni o per altri impegni non riceverà mai un no come risposta. Secondo me è fondamentale che i dipendenti ritaglino tempo per loro stessi. Questo crea un ambiente dove c’è sempre apertura al dialogo e un clima costruttivo".
Quindi anche poco stress. "Per me è il modo giusto per trattare le persone con cui lavoro. Essere immerso in un ambiente sereno ti incoraggia a lavorare meglio e migliorare le tue qualità".
Sarà questo il futuro delle aziende? "Premesso che non c’è bisogno di essere una Società Benefit per occuparsi del benessere dei dipendenti, credo che sarà sempre più una necessità. Si parla tanto che i giovani non hanno voglia di lavorare ma secondo me le nuove generazioni semplicemente non vivono per lavorare: non vedono il mestiere come un obiettivo di vita ma come un mezzo di sopravvivenza. Se a ciò si aggiunge una sensibilità per le tematiche sociali, i nuovi lavoratori potranno sentirsi utili per la società. L’etica paga".