Donne al comando, aria più pulita: "Più sensibili degli uomini sul tema"

Lo studio dell’Università di Pisa in 27 Paesi dell’Unione europea ha evidenziato la relazione positiva tra ambiente e i ruoli decisionali femminili. La professoressa Gianmoena: "La correlazione è certa".

Donne al comando, aria più pulita: "Più sensibili degli uomini sul tema"

Donne al comando, aria più pulita: "Più sensibili degli uomini sul tema"

di Mario Ferrari

"La qualità dell’aria è migliore se le donne sono al comando". È il risultato di uno studio condotto all’Università di Pisa insieme all’Università di Navarra e pubblicato sull’European Journal of Political Economy che spiega la correlazione positiva tra presenza femminile nelle cariche politiche e aria pulita. Tra gli autori di questa ricerca c’è la professoressa Lisa Gianmoena del dipartimento di Economia e Management di Unipi, che ha evidenziato come "il fenomeno può essere attribuito alla maggiore sensibilità femminile e al loro impegno sociale".

Professoressa, quali sono i parametri utilizzati per stabilire questo risultato?

"Abbiamo costruito un dataset che ha riguardato 230 regioni di 27 Paesi dell’Unione Europea che integrasse empowerment politico femminile e dati ambientali, tenendo conto di due indici. Il primo riguarda il potere politico delle donne in diversi livelli di governo: locale, regionale e nazionale col quale abbiamo misurato in modo preciso la presenza femminile nei luoghi di comando".

E il secondo?

"La qualità dell’aria. Abbiamo analizzato il livello di inquinamento da CO2 e particolato atmosferico (pm10 e pm15) delle diverse centraline per il monitoraggio aereo che si trovano in Europa. Il risultato chiaro è che esiste una relazione positiva tra donne al comando e qualità dell’aria. Più ce ne sono e meglio è".

Secondo lei da cosa dipende questa relazione?

"Il nostro studio la attribuisce a una maggiore sensibilità delle donne che, per questioni storiche e culturali avendo avuto per anni un ruolo di accudimento e attenzione ai bisogni, hanno una maggiore attenzione per queste tematiche rispetto agli uomini. È una questione intrinseca che le donne mantengono anche quando occupano posizioni di potere, tendendo ad adottare politiche ambientali più rigide e orientate verso la sostenibilità rispetto alle regioni governate da maschi".

Ma i fattori politici non c’entrano?

"Io mi sono occupata di realizzare lo studio: ognuno può leggere il risultato dall’angolazione che preferisce. Si può immaginare che ci sia un’interesse da parte delle donne nel farsi valere dopo che per anni non avevano voce in capitolo, ma è una deduzione. Il dato certo è che l’aumento di qualità dell’aria con donne al comando esiste indipendentemente da loro schieramento politico. Mi preme però fare un’aggiunta..."

Dica.

"Per assicurarci che il rapporto tra empowerment politico femminile e qualità aria non fosse puramente casuale abbiamo testato altre variabili come lo sviluppo economico, il livello di istruzione, le innovazioni verdi, l’ideologia e la densità di popolazione. Tuttavia la relazione positiva tra i due fattori è rimasta significativa, confermando la robustezza del risultato".

Quindi il parametro è oggettivo.

"Esatto. La nostra è un’analisi econometrica: la correlazione è confermata e certa".

Cosa ci insegna lo studio?

"Innanzitutto, visto che la qualità dell’aria influisce sulla salute pubblica, se l’empowerment delle donne può contribuire a questo obiettivo, servono più femmine nelle decisioni di politica pubblica. In secondo luogo, il nostro studio ribadisce la promozione della parità di genere. Dunque..."

Prego.

"Mostrare che una maggiore rappresentanza femminile nelle posizioni decisionali ha effetti positivi tangibili sulle politiche ambientali rafforza l’argomento della riduzione del divario di genere. Muoversi in quest’ottica è indispensabile".