CASCINA
C’è un gruppo Whatsapp che si chiama "I dannati della Fipili". Il nome denota il problema. Anzi i problemi che Marco Bignardi, pendolare da 10 anni, snocciola come un rosario di soli misteri dolorosi. "La pandemia, grazie al lockdown, ha in realtà salvato molte vite per via del calo degli incidenti: ci sono più decessi sulle strade che per Covid, ma l’attenzione sui morti sulle strade resta inferiore a quella del Covid – dice –. La Fipili, che percorro giornalmente, partecipa attivamente a questa “pandemia stradale” (nella foto un incidente)". Tutti i giorni – restando in tema – si contano così migliaia di "contagi", alcuni non ne escono vivi, alcuni presentano "sintomi", altri "asintomatici" tornano alla loro vita con ore di ritardo. Molti si fanno i 15 giorni di "quarantena" con la macchina in carrozzeria.
"Fermare o diffondere un contagio è questione di comportamenti individuali e di scelte politiche: vale anche per la superstrada – aggiunge Bignardi – C’è una responsabilità degli automobilisti e una della politica, di chi guida e di chi permette che questa strada sia vissuta come una pista da “piloti” a cui andrebbe tolta la patente. Il rischio di dover pagare per aver fatto rischiare la vita a qualcun altro, di aver bloccato per ore migliaia di altri utenti, fatto fare ritardi, aver rovinato ferie, è praticamente zero".
Nella trappola degli autovelox cadono solo i distratti. Tra le cose che non vanno, secondo i pendolari, c’è la "gestione" dei limiti: a 90 kmh sulla corsia di marcia e lo stesso su quella di sorpasso, con un rapporto di difficile e pericolosa convivenza con i mezzi pesanti, le scorrettezze di molti automobilisti, le regole di autogestione che i pendolari stessi si sono dati: costretti spesso a superare i limiti per sopravvivere. Quali rimedi? Questo lo scopo principale della nota inviata al nostro giornale: formazione, controlli e pene certe. "Come automobilista – spiega Bignardi – chiedo che vengano fatte multe a chi guida, non alle ditte intestatarie dei mezzi. Punti della patente levati al guidatore, non ai nonni novantenni, inconsapevoli di essere andati a 180 sulla Fipili con un suv di ultima generazione". Eppoi? "Volanti che facciano avanti e indietro e controlli con il laser in postazioni mobili non segnalate. Qualsiasi soluzione costerebbe meno del costo sociale di questo Far West". "Peccato che tutta la politica toscana abbia invece in programma solo grandi opere – aggiunge con amarezza il nostro lettore e membro del gruppo dei "dannati" –. Nuovi cantieri, nuovi intoppi, per sistemare una strada che a 90 kmh è perfetta, forse va bene anche a 110, basterebbe decidere quale è il limite e farlo rispettare". Tutti consapevoli, però, che si tratta di una strada nata problematica: la progettazione risentì di una sottostima delle esigenze di traffico che sarebbero sorte nei decenni successivi. E fin dall’entrata in servizio del primo tratto, apparve in tutta la sua drammatica evidenza l’inadeguatezza a ricoprire quel ruolo di arteria regionale che molti avevano auspicato. Per i pendolari resta un sogno: "la FiPiLi trasformata in una Ruote 66 Firenze Pisa Livorno". Ma i sogni, si sa, muoiono all’alba. I miracoli sono un’altra storia.
Carlo Baroni