Mario Ferrari
Cronaca

Nasce il drone bagnino. “Lancia un galleggiante in pochissimi minuti, può salvare l’80% di vite”

L’idea di Ettore Ardisson, 36enne di Livorno, sviluppata dalla Sant’Anna di Pisa. “Rendiamoli obbligatori su ogni nave. Le istituzioni ci ascoltino”

drone

Ettore Ardisson e un drone

Pisa, 24 agosto 2024 – È nato il drone bagnino, un progetto dell’azienda livornese HumanDroneTeam realizzato con l’ausilio dell’istituto di Biorobotica della scuola Sant’Anna. Un’idea di Ettore Ardisson, imprenditore 36enne di Livorno che dal 2007 è attivo nel volontariato per la Misericordia di Montenero, per il quale “non è ammissibile che nel 2024 i soccorsi in mare siano privi di tecnologie evolute e al passo coi tempi. Com’è anche il motto della nostra ditta, abbiamo pensato di utilizzare l’efficacia dei droni per arrivare dove l’essere umano non può”.

Come funziona?

“Si tratta di un drone che trasporta alle persone che si trovano in difficoltà in mare, un giubbotto di salvataggio che si gonfia a contatto con l’acqua, una radio vhf e una luce lampeggiante di sicurezza. A noi arriva un messaggio di allarme e in circa due minuti e mezzo possiamo essere in volo per trasportare questi strumenti di prima necessità ai naufraghi. Inoltre, a differenza di elicotteri o altri mezzi di soccorso, il nostro drone può volare in qualsiasi condizione atmosferica avversa, resistere agli urti e persino galleggiare”.

È pensato per aiutare i soccorritori, quindi.

“Esattamente. In media ci vuole almeno un’ora perché giungano i soccorsi in mare. Noi invece in una decina di minuti possiamo arrivare sul posto e tamponare la situazione in attesa del salvataggio. In questo modo garantiamo ai soccorritori più tempo per organizzarsi e agire in modo più efficiente e soprattutto senza panico. Abbiamo inoltre stimato che mediamente, se al nostro primo soccorso col drone segue una tempestiva risposta degli addetti ai salvataggi, c’è l’80% di possibilità di scongiurare eventuali vittime”.

L’idea nasce dalla sua esperienza nel volontariato?

“Principalmente sì. Ho lavorato per oltre 15 anni nelle associazioni di soccorso e nella Protezione Civile. Ho imparato che si perde tanto tempo nell’organizzazione dei salvataggi in mare e siamo limitati dalla tecnologia. Quindi ho pensato a un sistema che evoluto e all’avanguardia”.

Però anche i droni hanno i loro limiti.

“Ne sono al corrente, solitamente questi dispositivi volano fino a metà della batteria. Noi però diamo priorità alle vite: se per lanciare un giubbotto di salvataggio, il nostro drone deve consumare tutta la sua carica e poi finire in mare, penso sia uno scambio equo. Niente vale come la vita umana”.

Quanta disponibilità c’è?

“Abbiamo degli accordi con i produttori per una cinquantina di droni al mese. Inoltre, grazie anche all’intesa con la Veleria San Giorgio, puntiamo a posizionare almeno 4 droni per ogni nave da crociera, numero che ci auguriamo possa aumentare. Il mio obiettivo personale è renderli una dotazione obbligatoria per navi sopra i 25 metri. Mi permetta però un’ultima precisazione”.

Prego.

“Io sono italiano e vorrei sviluppare il mio progetto nel mio Paese. Per Human Drone Team c’è interesse in moltissimi Stati esteri, ma non sono pervenute le istituzioni italiane. Sarebbe molto bello avere una considerazione sul nostro drone bagnino in Italia”.