
L’anoressia è un disturbo alimentare che colpisce soprattutto le ragazze fra 14 e 19 anni
Pisa, 19 maggio 2021 - Questa storia comincia con un paio di cucchiaini di robiola, unico sostentamento di questa settimana. Un corpo di 38 chili appeso a un viso dolce da 19enne e a una flebo. Una vita sottile, in bilico da 6 anni, fra sogni disattesi e una malattia subdola che rode il corpo: l’anoressia. Il padre, pisano di 55 anni, ha un pensiero fisso che lo tormenta, per questo chiama il nostro giornale: "Voglio salvare mia figlia". Un appello, una storia e lo sfogo di un babbo sospeso fra speranze, ricadute e un nuovo nemico: una burocrazia senza rispetto.
Il suo è un grido: "E’ difficile convivere con l’anoressia – racconta – lo facciamo da sei anni. E’ sempre stato complesso, eppure avevamo trovato un fragile equilibrio. La pandemia lo ha distrutto: niente più scuola in presenza per acquisire il diploma, niente più lavoro per arrotondare nel weekend. Mia figlia è rimasta sola e l’anoressia l’ha inghiottita". Denuncia: "Questa malattia è una fra le prime cause di morte fra i giovani anche se, spesso, passa sotto silenzio. Col Covid i casi sono aumentati a dismisura, ecco perché elevo la mia voce". Pur seguita da psicologo, psichiatra a inizio aprile la situazione precipita. "Mia figlia lascia un foglio bianco sul tavolo e poi invia un messaggio al telefono della mamma ‘Esco un attimo’. Invece sparisce per ore. Chiamiamo i carabinieri, non si trova. Pensiamo al peggio, già altre volte ha tentato di togliersi la vita. Che sarà accaduto? Ci tormentiamo. Poi torna a notte fonda, per fortuna". Una volta a casa la ragazza chiede aiuto: "Babbo e mamma però non possono fare più di così, non siamo in grado: ‘Hai bisogno di una struttura specializzata’". Lei accetta e viene ricoverata al Santa Chiara.
La 19enne sostiene un video incontro con un centro ad hoc che si trova a Pontremoli. Tutto sembra filare liscio, ha bisogno di una struttura simile, l’Usl deve soltanto dare il via libera che tarda ad arrivare: "Attendo da oltre un mese girando ufficio su ufficio. chiamando medici e amministratori. Ma, niente. C’è una lunga lista d’attesa a Pontremoli, e non riusciamo neppure a iscriverla. Tutto per un semplice foglio da firmare che attende da settimane nonostante mail, viaggi e appuntamenti". Intanto le condizioni della ragazza peggiorano. Resta ricoverata nel reparto del professor Sbrana fino al 23 aprile. "Esce e quel foglio resta intonso". La giovane torna a casa, però scappa ancora: "Le serve un aiuto specializzato e viene ricoverata di nuovo: prima al Santa Chiara poi, dal 10 maggio, in una struttura residenziale a Nozzano". "Il problema – continua il padre – è che questa realtà non è specializzata nell’anoressia. Anzi chiedo che la Regione si faccia carico del problema e disponga delle strutture interminedie in grado di supplire all’ingresso delle strutture specializzate che sono già strapiene e con lunghissimi tempi d’attesa. I medici, intanto ci parlano anche di un’altra buona struttura a Forte dei Marmi, ma anche questa ipotesi resta al momento disattesa". La ragazza è ancora a Nozzano: "Non mangia – spiega il babbo –. Qualche cucchiaino di robiola e basta. E’ disidratata, non è lucida senza sostanze nutritive. Forse dovrà tornare di nuovo all’ospedale e l’incubo sembra non finire mai e io ho paura". "Ringrazio la dottoressa Capovani – conclude il padre –, ma nonostante l’impegno siamo ancora in attesa di una firma su un foglio. Intanto vedo mia figlia sparire ogni giorno di più: sempre più magra, sempre più grave, sempre più sola. Sono un padre, che cosa dovrei pensare? Voglio solo salvarla. E vorrei anche che la sua storia fosse un monito in grado di accendere una luce su questo incubo chiamato anoressia. Sì, sono un padre a pezzi, la nostra vita è a pezzi".