REDAZIONE PISA

Frode milionaria con una finta cooperativa

Nei guai due fratelli noti nel settore immobiliare: sequestrati dalla Finanza 10 appartamenti e quote societarie per quasi 5 milioni di euro

di Carlo Baroni

PISA

Dieci immobili, alcuni pare anche di pregio, e quote societarie. Un sequestro da quasi 5 milioni di euro. Tanto quanto sarebbe stato, secondo le indagini, il giro di fatture false per una evasione del fisco stimata in 15 milioni di euro. Un "giro" che sarebbe stato messo in piedi da due fratelli tra Pisa e Livorno, grazie ad una falsa cooperativa operante nella città della Torre, che secondo gli inquirenti, non aveva alcuna finalità mutualistica, ma operava di fatto come una società con compravendita e locazione d’immobili, ed una società nella citta labronica.

Sotto la lente della fiamme gialle pisane con l’operazione "Case nostre" – coordinate dal sotituto procuratore della Repubblica Egidio Celano – c’è finita l’attività di due fratelli, noti imprenditori, attivi nel settore immobiliare che avevano ideato un sistema ben collaudato per fare soldi, frodando il fisco. Uno dei due, si apprende, risultava amministratore di una cooperativa con sede a Pisa, che cooperativa non era, pur avendo formalmente anche dei soci che – si apprende – sono risultati assolutamente estranei ai fatti e ignari di quello che stava accadendo. In realtà, pur usufruendo di tutte le agevolazioni fiscali previste per le società con fine mutualistico, gli immobili precedentemente acquistati e successivamente ristrutturati – è stato ricostruito nelle indagini che hano scandagliato fatti a partire dal 2015 – non venivano venduti ai soci della cooperativa (che avrebbero dovuto essere i beneficiari dell’attività), ma a una immobiliare livornese che, guarda caso, era gestita dall’altro fratello. Tutto in famiglia, dunque. Per fare quadrare meglio i conti e ottenere ancora maggiori guadagni, i due, attraverso le loro rispettive aziende, emettevano da una parte e utilizzavano dall’altra fatture false con lo scopo di fare confluire nella immobiliare di Livorno i ricavi delle vendite degli immobili, i cui flussi finanziari venivano giustificati contabilmente con prestazioni di intermediazione nei confronti della società pisana, in realtà mai effettuate.

Quest’ultima, a sua volta, otteneva la sua parte di guadagno illecito, in termini di evasione fiscale, annotando nella sua contabilità i costi delle prestazioni di intermediazione mai svolte che – a fine anno – abbattevano notevolmente l’utile d’esercizio da dichiarare all’erario. E così, secondo gli inquirenti, il gioco era fatto. Le attività investigative, coordinate dalla procura della Repubblica di Pisa, nate a seguito di una attività ispettiva della guardia di finanza nei confronti della falsa cooperativa pisana, hanno permesso di ricostruire il vorticoso giro di fatture false.

I due fratelli dovranno anche rispondere del delitto di autoriciclaggio, avendo riversato nelle loro aziende il provento generato dalla evasione fiscale, rendendo di fatto impossibile l’individuazione degli introiti illeciti. Così, all’esito di una complessa e lunga attività il giudice per le indagini preliminari dle tribunale di Pisa, Giuseppe Laghezza, ha disposto il sequestro sia delle quote delle due società che dei beni immobili fino a concorrenza del valore della frode accertata che sfiora i 5 milioni.