L’idea di Atlantide, la leggendaria città subacquea che ha fatto sognare milioni di persone, potrebbe diventare realtà. Si è conclusa ieri la XIV edizione del Trans-Regional Seapower Symposium di Venezia dove tra i molti ospiti c’era anche una delegazione della Scuola Sant’Anna, che ha valutato la dimensione subacquea come nuova frontiera per l’umanità. Di questa delegazione ha fatto parte anche il professor Vincenzo Lionetti, associato dell’ateneo e direttore del Master di secondo livello ’Piergiorgio Data’ sulla medicina iperbarica e subacquea, che chiuderà le iscrizioni alla decima edizione il 18 novembre. Lionetti ha spiegato che "il processo delle città subacquee è una realtà con la quale dobbiamo fare i conti. A causa dell’innalzamento del livello del mare potremmo ritrovarci un giorno a vivere in strutture sommerse: un’opportunità per il nostro Paese che non deve spaventarci".
C’è veramente il rischio di andare a vivere sott’acqua?
"Faccia conto che, secondo le stime, nel 2150 il livello del mare sarà 3 metri più alto rispetto a oggi. Ciò vuol dire che Venezia, ma anche Marina di Pisa e Tirrenia saranno totalmente sommerse. Un processo irreversibile a causa del cambiamento climatico e dei gas serra e che con la crescita della popolazione globale sottolinea due problemi".
Quali?
"Il primo è che c’è bisogno di spazio e il secondo che c’è bisogno di cibo, anche perché molte risaie spariranno se si alzeranno le coste. La soluzione è il progetto delle città subacquee, in primis come spazio vitale ma anche come vere e proprie aziende agricole e serre sottomarine, alimentate con energia solare che sarà portata dalla superficie. Luoghi per coltivare gli alimenti per sfamare la popolazione".
Quindi si parla proprio di intere città sott’acqua?
"Praticamente sì. Si tratta di vere e proprie strutture, elissoidali, romboidali immerse in delle bolle sotto il mare o anche galleggianti, con una luce artificiale attinta dalla superficie. Al momento abbiamo la tecnologia per costruire ambienti abitati fino a 100 persone fino a 20m sotto la superficie del mare. Oggi c’è il progetto di edificare The Water Discus Hotel a 10m sotto la superficie con 22 camere, un bar e un ristorante. I prezzi non saranno economici".
Una grande opportunità...
L’interesse per questo progetto è altissimo e l’Italia è il Paese più all’avanguardia su questo tema, che ha l’opportunità di confermare il ruolo di capofila anche il futuro, proprio perché potrebbe essere una delle prime vittime dell’innalzamento dei livelli del mare".
Secondo lei non c’è modo di evitare la necessità di ’colonizzare’ i fondali?
"Le tecnologie al momento conosciute sono il Mose a Venezia o altre dighe semoventi nei Paesi Bassi, ma il livello dell’acqua sarà tale da stravolgere anche l’ecosistema. Le città subacquee saranno dei posti di sicurezza sfruttando la superficie sottomarina. Colonizzare questi spazi significa antropizzare i fondali marini, che permettano alla gente di trovare uno spazio e alimentarsi".
I principali ostacoli?
"I grandi problemi sono le pressioni, i moti ondosi e il doversi ritrovare anche con i grossi cetacei, ambienti che hanno bisogno anche di medici specializzati, come quelli che formiamo nel nostro master di secondo livello alla Sant’Anna. Tutte preoccupazioni che, comunque, non fermeranno l’idea della dimensione subacquea come nuova frontiera dell’umanità".
Mar. Fer.