Pisa, 15 novembre 2016 - Due passi indietro e, forse, uno in avanti. Giovanni Garzella, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, dopo mesi di travaglio interiore, rompe gli indugi: lascia il gruppo consiliare, si dimette da capogruppo e aderisce al gruppo misto. Una decisione che nasce dalla volontà di Garzella di votare «Sì» al referendum costituzionale. «Avevo immaginato di percorrere strade che ci consentissero di stare insieme o comunque federati in qualche maniera – scrive nella lettera inviata ai componenti del gruppo oltre che alla coordinatrice provinciale del partito, Raffaella Bonsangue –, ma non è possibile. Vi ringrazio di tutto».
Insomma, c’eravamo tanto amati, ma oggi è impossibile stare sotto lo stesso tetto neanche da separati in casa. Eccolo il travaglio di Giovanni Garzella (nella foto), un passato da giovanissimo dirigente del movimento giovanile della Democrazia Cristiana (forse l’unico grande amore), e un presente (ormai ex) da esponente azzurro. Da cattolico, Garzella, ha provato a mantenere fede all’impegno assunto e portato avanti con grande impegno (nella lettera rivendica i risultati raggiunti: «le tre vice presidenze su sei nei Ctp, la vice presidenza del consiglio comunale e una serie di ruoli istituzionali di non poco conto secondo le aspettative, le ambizioni e le richieste fattemi») eppure le incomprensioni (nate con il cambio del nome in Fi-Pdl e, soprattutto, alle elezioni regionali) sono diventate un iato insuperabile. «Mi sono reso conto – confessa Garzella nella sua lettera – che il nuovo Partito di Forza Italia, al quale aderii insieme a voi nel 2014, non era più quello di 20 anni prima...». Anche per questo, nella primavera scorsa, non ha rinnovato la tessera di Forza Italia e oggi (alle 17 ha convocato il gruppo a Palazzo Gambacorti per ufficializzare la decisione) se ne va per conto proprio. Approderà, appunto, nel gruppo misto (senza lasciare il consiglio comunale, ça va sans dire. E perché mai poi!!) dove si impegnerà per il «Sì» al referendum. Tre i motivi che lo spingono a votare sì convintamente : «l’esigenza di assicurare governabilità al paese attraverso maggioranze chiare; un iter legislativo più snello; e una maggiore credibilità a livello internazionale assicurata proprio dalla vittoria del sì».
Due passi indietro, dunque, all’interno di Fi-Pdl, ma un passo in avanti verso quel ‘partito riformatore’ più volte invocato da Matteo Renzi, che sarà poi il vero approdo della maturità di Giovanni Garzella. Sempre che, da qui al 2018, l’attuale Premier riesca a vincere la sua sfida («prendere o lasciare»). Perché il 2018? Perché è quella, al momento, la scadenza amministrativa più vicina e da qui ad allora la partita per il dopo Filippeschi si giocherà dentro e (un pochino) fuori dal Pd. La marcia di avvicinamento è cominciata. In fondo il centro di gravità permanente resta quello. Le liti all’interno dei Cinque Stelle e quelle interne al centrodestra lo testimoniano. Sempre che il Referendum non faccia implodere anche il Pd. Nell’uno o nell’altro caso meglio arrivarci da single. Per rincontrarci (in politica) c’è sempre tempo.