
I 301 anni della tappezzeria Martinelli. Gli ultimi veri artigiani della qualità
Iniziamo dalle forbici. Mentre parliamo coi fratelli Martinelli, Luciano e Sergio, entra l’affilatore. "Sono venuto a ritirare le forbici". Le forbici non si buttano, si affilano. Sergio ci accompagna nel laboratorio della più antica tappezzeria di Pisa che è ancora lì dal 1723 fondata dal "maestro paratore" e tendaio Pietro Martinelli. Al tavolo di lavoro, c’è solo un bravo ed esperto tappezziere, Antonio. "Non ne troviamo altri. Mancano scuole. E manca anche la pazienza di imparare in bottega un mestiere che coniuga manualità e creatività. Per diventare un bravo tappezziere, ci vogliono dieci anni sul campo, in laboratorio". Ma una volta come si diventava tappezzieri?
"C’era un maestro. In genere un membro della famiglia. Oppure, ricordo, che venivano spesso ragazzini accompagnati dal padre. Erano ragazzini che non amavano molto stare sui banchi di scuola ed allora si apriva loro la bottega, il mestiere".
Quante tappezzerie c’erano a Pisa, in centro?
"Tante. Cera quella dei Casini che erano imparentati con noi". "Poi c’erano i Cervelli – continua Luciano – i Carmignani, i Lupetti al Duomo. Questo solo per citare i più importanti. Eravamo tanti".
Poi cosa è successo?
"Multinazionali su multinazionali. Industrie anche italiane che si definiscono artigianali e non lo possono essere".
Perché?
"Perché noi per fare un divano ci mettiamo non meno di due settimane. Loro, due-tre ore. Sono artigiani?".
Ci sarà anche differenza di prezzo, però.
"Eh già – dice Sergio -. Ma sapete quante persone vengono da noi, e ci chiedono di restaurare un loro divano comprato in qualche catena? Noi lo guardiamo, lo prendiamo in carico e poi dobbiamo dir loro che la struttura, lo scheletro è in cartone pressato o compensato; non ci si può più piantare un chiodo. Noi garantiamo non solo la qualità del prodotto finito ma anche la possibilità che questo possa essere oggetto di restauro. E sta qui la nostra bravura e cioè che ci si avvale di un restaurato molto bravo, pisano. Ma ce n’è voluto di tempo per trovarlo ed anche in quel campo, di restauratori ce ne sono pochissimi. Una notissima multinazionale, con sede anche a Ponsacco, ci ha chiesto se potevamo fare restauri ai loro prodotti. Dovevamo lavorare a prezzi bassissimi e su grandi quantità. Abbiamo declinato l’invito".
Non avete al momento un ricambio generazionale di artigiani ma come vanno gli ordini?
"Abbiamo alti e bassi. A volte, Antonio ci chiede cosa ci sia da fare. Siamo costretti a dire: oggi nulla. Tre anni fa abbiamo ricevuto una commessa importante dalla Scuola Normale per dare nuova vita a loro sedie e divani". Mentre Luciano ci mostra il certificato con cui Martinelli diventa fornitrice della Real Casa Savoia, aggiunge: "Ci dicono spesso di fare pubblicità per avere più clienti. La nostra primaria pubblicità è la clientela spesso generazionale. Le nostre tende ad esempio, sono arrivate a casa di un cliente pisano che sta in Germania dopo che il padre, nostra conoscenza, le ha caricate in macchina per portarle al figlio. E qui, appeso al muro abbiamo la ricevuta del 1930 di una nostra fornitura al re di Bulgaria Boris III che ci ha conosciuto tramite i Savoia che villeggiavano a San Rossore. Un passaparola regale".
La tappezzeria Martinelli è stata premiata nel 2011 a Palazzo Colonna (Roma) sotto l’egida della presidenza della Repubblica in occasione dei 150 anni dall’unità d’Italia. A loro, si devono complementi di arredo del Teatro Rossi, del Teatro Verdi, dell’università. Questo filo, questo ordito, questa trama intrecciata di dedizione, creatività, artigianalità secolare, rischia di non passare di testimone a giovani generazioni.
Carlo Venturini