Un pesce nello spazio per scoprire i segreti dell’invecchiamento. È il progetto tutto pisano Aquarius, frutto dell’impegno dei tre atenei cittadini che rappresenta un’importante tappa nello studio degli effetti della microgravità e delle radiazioni spaziali sullo sviluppo embrionale. Coordinato dalla professoressa Debora Angeloni della Scuola Sant’Anna, in collaborazione con i professori Alessandro Cellerino della Scuola Normale e Massimiliano Andreazzoli dell’Università di Pisa, il progetto si concentra sullo studio del Nothobranchius furzeri, pesce noto per il suo ciclo vitale brevissimo e per essere un modello genetico comparabile all’uomo. "Per la prima volta - afferma Angeloni, che con il suo team ha partecipato a esperimenti condotti sulla Stazione Spaziale Internazionale -, embrioni di questo pesce verranno inviati nel 2026 nello spazio a bordo della mini-navetta Space Rider per studiarne lo sviluppo al ritorno sulla Terra. I risultati potrebbero fornire nuove conoscenze sull’invecchiamento umano in condizioni di volo spaziale e offrire nuove soluzioni per la protezione della salute sia nello spazio che sulla Terra".
Professoressa, come mai proprio questo pesciolino?
"Perché è un vertebrato che ha un modello genetico assolutamente comparabile all’uomo. Inoltre, possiede una particolarità unica: vive circa 3-6 mesi in ambienti dove c’è poca acqua, proteggendo i suoi embroni sotto al fango in attesa della stagione delle piogge, resistendo alla mancanza di acqua".
E queste caratteristiche in cosa possono essere utili?
"Grazie agli studi del professor Cellerino su questa specie di pesce, sappiamo che possiamo realizzare un’alterazione del genoma del piccolo vertebrato e studiare l’effetto che ha sull’intera vita. Avendo una genetica simile all’uomo, gli studi delle alterazioni nel pesce è come se le studiassimo negli umani".
E perché lo mandate nello spazio?
"Perchè gli astronauti subiscono la perdita di massa ossea o muscolare: a Terra avviene in decenni, in orbita invece l’assenza di gravità e le radiazioni causano invecchiamento accelerato. Mandando gli embrioni del pesce possiamo possiamo studiare l’invecchiamento causato dal volo spaziale. E potrebbe essere un grande passo avanti anche a Terra".
Cosa intende?
"Che al ritorno sulla terraferma, il professor Andreazzoli studierà in questi pesci lo sviluppo dell’occhio, un organo particolarmente sensibile alle condizioni del volo spaziale. La nostra speranza è quella di ottenere risultati che proteggano tanto gli astronauti quanto gli anziani o chi ha malattie degenerative a Terra e in generale darci altri spunti per tutelare la salute di tutti".