
Le testimonianze di chi c’era: "Forte trauma, devo ancora metabolizzare. Oggi non potevamo mancare, siamo pochi, ma il messaggio è forte". Alcuni studenti del Russoli affacciati hanno salutato i compagni. .
di Ilaria Vallerini
"Passare davanti a chi ti ha appena manganellato e doverlo guardare in faccia è stato il momento più doloroso. Ricorderò per sempre quegli occhi molto neri, cupi e arrabbiati". E’ bastato un batter di ciglia per tornare a quel 23 febbraio 2024. Alle cariche, al caos, ai manganelli. Il cielo è lo stesso di quel giorno: grigio e tappezzato di nuvole gravide di pioggia. Un anno fa lo scontro fra poliziotti e corteo degli studenti – molti al tempo ancora minorenni con lo zainetto in spalla – fu represso dagli agenti con le "maniere forti" suscitando il richiamo dal Quirinale: "Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento", disse il presidente Mattarella. Ieri i bimbi (come si chiamano in città) sono tornati a sfilare per le strade. Partiti in 200 o poco più da piazza Guerrazzi, sono giunti in tarda mattinata in piazza dei Cavalieri per poi svoltare e imboccare via San Frediano. La ferita è ancora aperta: su quel muro dove sono stati schiacciati a colpi di manganello ora campeggia la scritta "Pisa non perdona". Al Liceo Russoli ci si sporge per salutare dalle finestre. Altri sono scesi in cortile e danno il benvenuto al corteo dalle grate del cancello d’ingresso della scuola. "E’ stato un forte trauma, dopo un anno devo ancora metabolizzare quello che è successo", racconta una liceale (ancora minorenne per cui omettiamo il suo nome). "Mi trovavo in terza fila e all’ultima carica, quella più violenta ripresa nel video, sono stata colpita alla testa. Ho subito un lieve trauma cranico. Avrò sempre la voglia di lottare per le cause che ritengo degne e quando lo faccio non mi preoccupo di ciò che può succedere". "Anch’io mi trovavo in terza fila e alla terza carica c’è stato un arretramento delle prime file. A quel punto sono stata travolta e sono caduta a terra. Sono stata colpita e poi, nel tentativo di rialzarmi, sono stata spintonata al muro", racconta la studentessa Gemma. La sua storia aveva fatto il giro d’Italia, dal momento in cui la madre aveva espresso il suo giudizio sui social: "Lunedì Gemma torna a scuola a testa alta, voi poliziotti non so come potete guardare i vostri figli", aveva scritto. Gemma, le altre e gli altri ieri sono tornati là: "Se avessimo mancato l’appuntamento avremmo inviato un messaggio completamente diverso. Solo il fatto di esserci è un messaggio fortissimo. Non vogliamo ricordare esclusivamente la repressione subita dagli studenti di Pisa, perché si è inserita in un sistema più ampio che ha coinvolto anche gli studenti di altre città. Il nostro pensiero va anche a loro".
Secondo le ragazze duecento manifestanti, anche se pochi, valgono i 5mila in corteo, lo scorso 2 marzo, in solidarietà ai ragazzi manganellati. "Purtroppo lo abbiamo notato e ci dispiace - confessano -. L’importante però è essere qua per ricordare quella giornata e cosa ha significato. Bastiamo noi per rilanciare il nostro messaggio: siamo tutti giovani connessi dalla voglia di protestare per quello che non ci sta bene e non ci servono i riflettori accesi per farlo".