Pisa, 1 dicembre 2024 – Ci addormentiamo e la mattina dopo non sappiamo dire dove... siamo stati. Ma che importa, se siamo stati bene. Però capitano anche notti che spaventano, in cui succedono cose strane. “Non se ne parla molto, ma sono tanti i disturbi del sonno, spiega Gaspare Alfì, ricercatore post-doc in psicofisiologia all’Università di Pisa e psicologo esperto in neuropsicologia clinica: “Spesso tali disturbi hanno nomi difficili e manifestazioni fastidiose: si pensi alle parasonnie del sonno (il sonnambulismo, il terrore notturno, le allucinazioni legate al sonno, o il disturbo comportamentale del sonno Rem), le apnee ostruttive del sonno (Osa) e poi l’insonnia, la più diffusa e conosciuta”.
Cos’è esattamente l’insonnia?
“Secondo la ICSD-3 (International Classification of Sleep Disorders, 3rd Edition), l’insonnia è definita come una condizione caratterizzata da difficoltà persistenti nell’inizio, nel mantenimento o nella qualità del sonno, nonostante vi siano adeguate opportunità e circostanze per dormire. Si parla di Insonnia cronica quando la suddetta situazione dura da più di tre mesi, altrimenti parliamo di insonnia acuta. Si stima che circa 13 milioni di italiani soffrano di insonnia, con una prevalenza più alta tra le donne. È vero che con l’età si dorme di meno perché c’è uno sbilanciamento dell’attività infiammatoria: di fatto c’è un cambiamento endocrino e immunologico che rende più insonni, ma è un fenomeno trasversale che interessa il bimbo o la bimba di 10 anni, il ragazzo di 25 e la persona adulta o anziana. E’ interessante vedere qual è il significato dell’insonnia e cosa c’è dietro”.
Cosa vuol dire?
“L’insonnia è sempre più riconosciuta come una condizione autonoma, pervasiva e trasversale ad altre condizioni cliniche. Le linee guida internazionali indicano che essa può essere scatenata da una vulnerabilità neurobiologica, ed essere sostenuta ed esacerbata da altri fattori. Eventi di vita stressanti, come un lutto o una separazione, possono scatenarla, mentre credenze disfunzionali, ad esempio la convinzione di “non poter funzionare senza otto ore di sonno”, ne alimentano la persistenza. Cattive abitudini come l’uso di dispositivi elettronici a letto, consumare caffeina o alcolici nelle ore serali, spostamento dei ritmi circadiani, compromettono ulteriormente la qualità del sonno”.
Cambiando le cattive abitudini quindi possiamo sconfiggerla?
“Spesso l’insonnia è anche l’epifenomeno di dinamiche esistenziali che non vanno bene e quindi è necessario riposizionare il paziente nella sua esistenza facendo configurare in modo più autentico le esperienze che sta facendo. E poi ci sono le variabili interocettive”.
Di cosa si tratta?
“Secondo un approccio fenomenologico siamo carne viva in un mondo di significati. La nostra esistenza non si dispiega nel silenzio della nostra carne, ma questa chiede e pretende di essere ascoltata. Nelle neuroscienze stiamo parlando tanto di interocezione, cioè la capacità di un organismo di interpretare e regolare i segnali che provengono dall’interno del nostro corpo, tramite un’integrazione a livello cerebrale. Questo, ad esempio, ci permette di percepire il nostro stato di salute. Un’alterazione a questo livello potrebbe compromettere la capacità di regolare i ritmi biologici, come quello sonno-veglia, contribuendo allo sviluppo di disturbi come l’insonnia”.
Che consiglio darebbe a chi non riesce ad addormentarsi la sera?
“Utile una routine serale che favorisca il rilassamento. Tecniche come la respirazione quadratica (inspirare per 4 secondi, trattenere per 4, espirare per 4, trattenere per 4) possono calmare la mente e il corpo. Mantenere orari regolari per andare a dormire e svegliarsi stabilizza il ritmo circadiano. È importante evitare inoltre l’uso di dispositivi elettronici almeno un’ora prima di dormire. Una stanza buia, silenziosa e fresca contribuisce a un sonno ristoratore”.