
Il professor Umberto Breccia, già direttore dell’Istituto di Diritto Privato e vicedirettore di Dipartimento, aveva ricevuto l’Ordine del Cherubino nel 1992
"Un raffinato ed elegante interprete del Diritto privato", così lo ricordano alcuni dei suoi più stretti collaboratori. L’università di Pisa e la facoltà di Giurisprudenza in particolare piangono la scomparsa del professor Umberto Breccia, 82 anni, originario di Volterra. Già direttore dell’Istituto di Diritto privato e vicedirettore del dipartimento di Diritto privato “Ugo Natoli”, autore, e nel 1992 è stato insignito dell’Ordine del Cherubino, i suoi libri di testo sono stati le fondamenta e il primo scoglio nella formazione di intere generazioni di professionisti del foro pisano e non solo. Le sue lezioni erano una tappa obbligata, per chi, anche non del suo corso, volesse trovare la chiave per acquisire le basi del diritto privato, capirne i concetti, entrarne nei meccanismi. L’Unione dei Privatisti esprime il proprio cordoglio alla professoressa Maria Leonarda Loi, al figlio Alessandro e ai familiari, oltre che alle allieve e agli allievi della prestigiosa Scuola pisana. Ecco il messaggio di ricordo inviato ai Civilisti Italiani da due colleghe ed amiche, le professoresse Emanuela Navarretta, docente di diritto privato della Scuola Superiore Sant’Anna e giudice della Corte Costituzionale ed Elena Bargelli, ordinaria di diritto privato dell’Ateneo pisano.
"Umberto amava l’ombra e la solitudine della lettura; non amava apparire, soprattutto negli ultimi anni – scrivono le due colleghe – . Eppure, riluceva di sapienza e di amore per gli altri, ed era immensamente presente: per la moglie, Maria Leonarda, per il figlio, per i nipoti, per tutti i suoi familiari; per gli allievi; per i colleghi ed amici con cui aveva maggiore consuetudine; per tutta la comunità dei civilisti. Lo era con la sua conoscenza, con la sua curiosità intellettuale, con la sua profondità e con la sua umanità e sensibilità, che metteva a disposizione di tutti. Dedicava attenzione a chiunque si rivolgesse a lui, in specie ai giovani. Ascoltava, leggeva e consigliava come solo i Maestri grandi e generosissimi sanno fare. Gli saremo sempre profondamente riconoscenti per il tempo che, con altruismo, ha dedicato alla nostra formazione, per il mondo di sapere che ogni volta ci ha dischiuso senza alcuna imposizione, per il conforto che ci ha offerto in tutti i momenti di dubbio, esortandoci a proseguire nel cammino intrapreso e ad aprire le nostre menti a tutte le prospettive. Si definiva uno studente, ma gli scritti che ci lascia, qualcuno ancora inedito, sono miniere dalle quali non si smette mai di attingere, intrisi di infiniti saperi distillati dal tecnicismo della scienza giuridica e attenti a saper cogliere ogni sfaccettatura della pluralità dei pensieri. Umberto credeva nella giustizia, ma soffriva per la condizione giuridica dell’uomo immerso nelle ingiustizie. Le sue meravigliose pagine continueranno a parlarci per sempre, ma soprattutto ci resterà il suo più prezioso insegnamento: provare a fare cose grandi rimanendo piccoli".