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L’arte nel mirino: "Opere sottostimate per ricavi boom". La maxi inchiesta a Pisa

L’ex direttore del Museo di San Matteo Dario Matteoni: "C’era un doppio controllo, il parere della commissione dell’ufficio esportazioni della Soprintendenza veniva poi mandato a Roma al ministero".

L’arte nel mirino: "Opere sottostimate per ricavi boom". La maxi inchiesta a Pisa

L’inchiesta risale agli anni 2012-2018 e le posizioni rischiano di essere per questo prescritte se non ci sarà la riqualificazione delle contestazioni da parte della Procura. Oltre venti opere sarebbero state sottostimate dalla commissione dell’ufficio esportazione (ora chiuso) della Soprintendenza di Pisa, per poter essere così portate all’estero e vendute a prezzi molto alti. L’accusa è di abuso di ufficio e falso ideologico in concorso. Tutto sarebbe partito da un’opera di Agostino Carracci (Madonna con bambino) stimata sui 35mila euro con base d’asta poi da 70 a 100mila euro. Da qui i controlli dei carabinieri che si occupano del patrimonio culturale. E l’indagine con uso di intercettazioni. Tra i nomi di questa operazione che è ancora in fase preliminare, anche quello di Dario Matteoni, già direttore del Museo San Matteo di Pisa, ex assessore a Livorno, all’epoca in Soprintendenza, che ricostruisce l’iter che le opere dovevano fare. "Ho una posizione marginale. Ho partecipato per due delle opere interessate dall’inchiesta alla commissione, come esperto d’arte dell’800-’900 – spiega – ma ancora oggi non mi pareva che avessero grande valore. Alcuni antiquari chiedono di poter esportare opere d’arte, a volte per venderle, e serve un attestato di libera circolazione. I criteri sono, oltre a controllare che non si tratti di oggetti rubati, per esempio, non depauperare il patromonio artistico o le collezioni, stoppare quelle che arrivano da edifici religiosi e questi principi erano seguiti da tutti, non solo da me. Alcune le ho bloccate, infatti, come dieci opere di Fattori. La valutazione è soggettiva e il mercato mutevole, le attribuzioni cambiano ogni due o tre anni. Tra le opere nel mirino ce n’è una attribuita a Canova, ma si tratta di un gesso non di una scultura, andandolo a rivendere ora non credo che sarebbero così alti i ricavi. E anche un’Alfa Romeo appartenuta a Gabriele D’Annunzio". "Inoltre – prosegue – c’era un controllo superiore, il parere della commissione era inviato a Roma, era il ministero ad avere l’ultima parola con un parere definitivo".

Ed ecco le altre persone che, a vario titolo, e con accuse diverse, sono coinvolte nell’inchiesta, alcune - ex impiegate della Soprintendenza - sono ora in pensione: per loro la sostituta procuratrice Miriam Pamela Romano ha chiesto il rinvio a giudizio, ma l’udienza ieri mattina non si è potuta tenere per difetti di notifica.

Tullio Parrinello, di Bologna, Francesco Ferri di Firenze, Adamo Nencini, di Vaglia (Fi); Alberto Tirelli, di Firenze, Severina Maria Russo, domiciliata a Pisa; Loredana Brancaccio, di Pisa, Mariagrazia Ristori, Cascina, Amedeo Mercurio di Livorno; Roberto Ruberti di S. Giuliano Terme, Carlo Filippi, di Pisa, Gino Cenci di Pisa, Prospero Rondinella di Milano; Giancarlo Frigerio, 74 anni, Daniele Moneghini, di Brescia, Giorgio Gnudi di Brescia, Andrea Camilli di Frascati, Roberto Casamonti, di Bagno a Ripoli; Federico Berti, di Firenze, Silvana Tagliavini, Milano, Fabrizio Covini, residente a Forte Marmi, domiciliato a Massa, Tiziana Sassoli, di Bologna, Roberto Formenti di Castellanza (Va) con domicilio a Massarosa, Carlo Maia Francesco Orsi, di Milano, Donatella

Montanari, di Vecchiano e Fortunata Maria Pizzi, di Pisa.