MARIO FERRARI
Cronaca

Le frontiere della salute. Biancheri: "Una medicina di genere per riaffermare la donna"

Rita Biancheri, professoressa di sociologia dei processi culturali e comunicativi "Dobbiamo avere una maggiore attenzione alle differenze biologiche dei sessi".

Rita Biancheri

Rita Biancheri

Pisa, 31 maggio 2024 – "Evidenziare il modo in cui le differenze di genere possano influenzare la prevenzione, la diagnosi e la cura delle malattie per migliorare l’efficacia dei trattamenti". Con queste parole Rita Biancheri, professoressa di Sociologia dell’Università di Pisa e organizzatrice nel 2006 di uno dei primi convegni in Italia sull’argomento, descrive la medicina di genere, un approccio che cerca di affermare l’importanza dell’attenzione alle differenze di genere nei trattamenti sanitari.

Perché c’è l’esigenza di una medicina di genere?

"Al centro della scienza c’è stato per tanti anni soltanto il maschio neutro inclusivo. Tutta la conoscenza era nelle mani degli uomini e questo ha condizionato anche la medicina. In quest’ottica, la medicina di genere nasce per riaffermare la donna come soggetto autonomo".

Le donne sono state ’discriminate’?

"In passato nel trattamento dell’infarto o nelle sperimentazioni dei farmaci, che avvengono principalmente su soggetti uomini anche se poi vengono commercializzati per entrambi i sessi, nonostante possano agire in modo diverso".

La medicina di genere punta a correggere queste storture?

"Possiamo dire che la medicina di genere ricerca una maggiore attenzione alle differenze biologiche dei sessi, obiettivo comune a tutte le società scientifiche, che infatti stanno rivedendo le loro linee guida in un’ottica di genere. Ciò non riguarda solo la medicina: basti pensare all’ingegneria che progetta macchine finalizzate soprattutto all’uso maschile e che quindi non tengono conto di differenze biologiche come altezza, peso e altro".

Oggi però la medicina personalizzata supera l’idea di medicina di genere.

"Non sono d’accordo perché la medicina di genere riguarda la salute, la cui definizione è benessere bio-psico-sociale. La medicina personalizzata è un approccio biologico, vanno considerati altri aspetti quando si cerca di curare le malattie".

Quali?

"Per esempio la doppia presenza delle donne, che oltre a essere lavoratrici spesso hanno anche il compito di madri. La medicina deve guardare la complessità degli stili di vita e non solo alcol, fumo o simili: se nel nostro paese le donne lavorano quotidianamente 5 ore più degli uomini e ci si aspetta da loro che curino anche la casa e la famiglia, questo ruolo sociale ha effetti sulla qualità della vita".

Quindi la medicina di genere riguarda un benessere molto più sociale che biologico.

"Sia sociale che biologico. Dal mio punto di vista l’approccio alla salute non può escludere la questione sociale, i ruoli e le aspettative e la medicina di genere, che già ha fatto molto per la questione biologica, deve incidere maggiormente sui fattori sociali della cura. Se si ammala una donna è più difficile che sia accudita a casa, per l’uomo è più semplice sia perché sono meno le lavoratrici ma anche perché storicamente il ruolo di curare è affidato alle femmine".

Ma concretamente come si può fare?

"Servono anamnesi che vadano ad analizzare il quotidiano delle donne e possano fare delle diagnosi più corrette e supportare meglio le pazienti".