REDAZIONE PISA

Le orme di Puccini a Pisa Nel nome di un’alleanza

I sindaci delle due città, Conti e Tambellini, guardano a nuove forme di turismo. Il racconto dell’archivista Rossi: "Il compositore veniva spesso sotto la Torre"

Separate dal monte Pisano, Pisa e Lucca sono in qualche modo unite dalla presenza e dalle tracce del grande compositore Giacomo Puccini sul quale ora scommettono insieme. Nel nome del Maestro, nato a Lucca nel 1858 e residente a Torre del Lago, al confine con Pisa, il sindaco di Lucca, Alessandro Tambellini, e quello di Pisa, Michele Conti, si sono incontrati nella Casa natale del Maestro sede anche della Fondazione e del Museo Puccini. Una visita simbolica che segna l’inizio di un percorso comune in vista, fra tre anni, delle celebrazioni per il centenario della morte del musicista (1924), e per avviare una nuova collaborazione turistica. Se arcinoto è il legame tra Lucca e Puccini, tutto da riscoprire è invece quello con la città di Pisa, che molti e curiosi aneddoti e momenti segnanti della sua vita conserva. Come quello che, con molta probabilità, lo indirizzò alla composizione musicale. "La prima opera a cui Puccini assistette fu l’Aida di Verdi, al teatro Nuovo di Pisa, l’attuale Teatro Verdi, nel 1876. Aveva appena 18 anni. Questo – racconta Manuel Rossi, archivista incaricato dalla Soprintendenza del riordino dell’archivio del compositore conservato nella villa di Torre del Lago – è un aneddoto che Puccini stesso amava narrare: preso dall’entusiasmo per l’opera, e senza soldi, arrivò a Pisa in corriera ma tornò a Lucca a piedi, di notte". A Pisa, Puccini si recava spesso per visitare la sorella che qui abitava e per raggiungere, via treno, Roma e le città che usava frequentare per lavoro. L’archivista Rossi rispolvera un’altra pagina di vita privata poco nota: "Un giorno, dovendosi recare a Parigi per mettere in scena la Tosca, Puccini attendeva a Pisa il direttissimo della notte per Genova. Gli faceva compagnia una donna. Il treno ebbe un ritardo, così dopo aver indugiato con la donna a un tavolo della stazione, prese a gironzolare sotto la tettoia. Qualcuno lo riconobbe e l’indomani lo riferì alla sorella che se ne risentì moltissimo. Lui negò risolutamente ma in una lettera a un amico riferì così l’episodio: ‘… io negai e dissi che era impossibile assolutamente; dissi che ero andato a Lucca in incognito e a mangiare da Cleto’. Ma, riconoscendo l’acume della sorella, ammetteva: ‘non credo che questa sia mai stata bevuta’". A Pisa le opere di Puccini incontrarono sempre un caloroso successo e lui stesso fu presente a diverse messinscena. Tra gli amici di lunga data, spicca don Pietro Panichelli, il famoso ‘pretino di Puccini’ e autore del libro omonimo. Originario di Pietrasanta, fu suo confidente e collaboratore. "Si conobbero a Roma – racconta Rossi -, dove don Pie’ gli diede consulenza liturgica per il Te Deum della Tosca e per Suor Angelica. Don Pietro poi si trasferì a Pisa, dove per venti anni insegnò nell’Istituto Santa Caterina". Ma c’è anche un altro pisano che ha attraversato la vita del compositore lucchese: il baritono Titta Ruffo. È "pensando alla voce di Titta Ruffo, fra i più grandi baritoni di tutti i tempi – ricorda Rossi – che Puccini aveva scritto la parte di Michele nel Tabarro". A Pisa, poi, riparò Giulia Manfredi, la giovane che gestiva una locanda di fronte alla villa del Maestro. In casa dei suoi eredi, nel 2007, spuntò una valigia che aprì un ‘giallo’ intorno al presunto figlio segreto del Maestro.

Eleonora Mancini