REDAZIONE PISA

Le professioni perdute e i nonluoghi

L'abbandono dei mestieri tradizionali minaccia l'identità e la vivibilità delle comunità locali in provincia di Pisa, secondo analisi della Camera di Commercio e riflessioni del filosofo Marc Augé.

di Saverio Bargagna

Il pastificio di Pontedera in regalo, ma nessun giovane si fa avanti. Gli ultimi intagliatori del legno di Ponsacco che calano la serranda, un’arte senza futuro che nessun giovane vuol intraprendere. Secondo il report "Mercer Global Talent Trends Study" un mestiere su cinque è a rischio estinzione entro il 2030. Ma a noi, che non siamo né gli intagliatori né i pastai, alla fine, che cosa interessa? Ebbene, al di là della ricaduta puramente culturale (ovvero la perdita di vere arti), vi è anche un effetto "fisico" che impatta sulla vita di tutti i giorni. Secondo l’analisi della Camera di Commercio, dal 2012 ad oggi, a Pisa gli artigiani sono calati del 22%. Ciò si riflette sullo spopolamento dei nostri centri storici che sempre più, soprattutto nelle cittadine della provincia, stanno smarrendo non solo la propria identità, ma perfino i requisiti minimi per la "vivibilità". Il filosofo francese Marc Augé teorizza un nuovo malessere della nostra società, definendo i ‘nonluoghi’. Ci parla di quegli spazi che non sono identitari, che non creano relazioni e non hanno niente di storico. Spazi tutti uguali (industriali, commerciali che siano), fatti in serie, dove è difficile perfino costruire ricordi. Ogni mestiere che perdiamo, di fatto, è un luogo in meno dove noi possiamo vivere.