Pisa, 21 sette,bre 2020 - La pupilla è una finestra aperta sui nostri processi cerebrali e fisiologici, in grado di fornire un metodo oggettivo per misurare lo stato di coscienza e le sue alterazioni - spesso ritenuti impenetrabili - raggiunti attraverso la meditazione mindfulness. Lo suggerisce una ricerca condotta dall’università di Pisa in collaborazione con l’università di Firenze, pubblicata su ‘Current Biology’. E’ ormai un dato di fatto - spiegano gli esperti - che la meditazione sia in grado di esercitare una profonda influenza sulla funzionalità cerebrale e i risultati della nuova ricerca introducono la misura della pupilla come un nuovo strumento per studiare questi processi. Il grande vantaggio di questo approccio è la sua semplicità, che si combina con l’oggettività dei dati che restituisce. Una delle grandi barriere nello studio dell’uomo risiede infatti nella difficoltà di studiare i processi senza disturbarli. Ad esempio, durante la meditazione è molto difficile misurare la percezione e il comportamento con domande dirette che, per definizione, interromperebbero l’attività di meditazione. Al contrario, la misura della pupilla avviene automaticamente e fornisce un dato oggettivo in grado di distinguere una persona che sta meditando da una che si sta semplicemente rilassando e ascoltando della musica. “La pupilla è l’apertura attraverso cui la luce entra nell’occhio - ricorda Paola Binda dell’università di Pisa, senior author del lavoro - A lungo si è pensato che la sua grandezza fosse regolata solo in base alla quantità di luce: più piccola quando c’è tanta luce, più grande quando ce n’è poca, come capita al diaframma delle macchine fotografiche. Tuttavia, le ricerche del nostro e di altri laboratori hanno rivelato che la grandezza della pupilla è regolata anche da una moltitudine di altri fattori: percettivi, cognitivi, fisiologici”. Il nuovo lavoro si è focalizzato sulle variazioni spontanee del diametro pupillare: “Quando la luce è costante, la pupilla si costringe ogni pochi secondi e poi torna a dilatarsi, in modo ciclico - sottolinea David C. Burr dell’università di Firenze, corresponding author del lavoro - Apparentemente casuali, queste variazioni sono in realtà cariche di significato fisiologico, visto che in precedenti ricerche abbiamo trovato che la loro ampiezza si correla con la plasticità del cervello, quindi con la nostra capacità di apprendere e di adattarci al nostro ambiente. Di qui l’idea di misurare queste variazioni in una situazione molto particolare dal punto di vista percettivo e cognitivo: durante la meditazione”.
CronacaLe pupille dei nostri occhi: uno specchio sulla meditazione mindfulness