
Un momento della cerimonia alla presenza dei genitori, dei rappresentanti Cai e del vicesindaco locale
Navacchio (Pisa), 28 agosto 2017 - Chi muore in montagna dà la vita alla vita. Un vecchio detto degli alpini a cui i genitori di Luca Pasqualetti, 39 anni, architetto, nato a Pontedera e residente in via Fiorentina a Navacchio, si affidano. A tre anni dalla sua scomparsa, con un bivacco e un defibrillatore a lui dedicati, faranno vivere il suo nome fra i monti tanto amati. Da ieri, un pezzo della Valle d’Aosta, sulla cresta del Morion in Valpelline, ha la sua eco. E’ stato inaugurato alla presenza di mamma Paola e babbo Bruno, i rappresentanti del Cai e del vicesindaco del luogo. Per partecipare alla cerimonia, la sezione Cai di Pontedera ha organizzato un autobus da Pisa. Una casetta in legno, che nasce da un’idea delle guide alpine dell’Associazione Espri Sarvadzo di Valpelline, dotata anche di un dispositivo automatico (Toscana defibrillatori). «Lungo la catena si sviluppano itinerari davvero notevoli ma sostanzialmente “dimenticati” – spiegano le guide – come ad esempio la lunga traversata che dal Colle del Mont Gelé conduce fino al Monte Berrio». L’obiettivo è «riscoprire questi luoghi migliorandone la fruibilità alpinistica».
Era il 4 maggio del 2014 quando Luca, grande amante di sport, anche quelli estremi, mentre percorreva il sentiero Cai 150 (1.560m) sulle Alpi Apuane, in Alta versilia, fu travolto da un masso, staccatosi accidentalmente dalla parete rocciosa del Monte Macina, facendolo precipitare giù nel burrone per 200 metri, sotto lo sguardo sconvolto degli altri compagni. «Il motociclismo è sempre stata la passione del padre e, appena diciassettenne, Luca era in pista per il campionato italiano», scrive la madre in una bellissima lettera per raccontare l’amore del figlio per l’altezza, la natura e l’avventura. «Dopo diversi anni di agonismo motociclistico, un giorno andò con un amico a percorrere un sentiero sulle Apuane e ritornò a casa entusiasta». Adesso, proseguirà la sua storia per e in quella montagna. «Vogliamo che Luca continui a vivere attraverso gli occhi, la fatica che comporta la passione per la montagna, delle guide alpine e di chi ama questa attività, dove la spiritualità della vetta unisce il finito con l’infinito».