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Francesco Piacquadio, 19 anni, era rimasto ferito negli scontri del 23 febbraio 2024 e parteciperà al nuovo corteo
di Giulia De Ieso
"Mai più un 23 febbraio a Pisa" è lo slogan portato di nuovo tra le strade del centro pisano, ad un anno dal caso dei manganelli. Gli studenti medi e universitari scenderanno in piazza sabato 22 febbraio, in un corteo che attraverserà tutta la città mattina e pomeriggio, per sottolineare l’importanza del diritto alla protesta pacifica. Insieme ai vari collettivi, anche il liceo artistico Russoli, istituto davanti al quale i ragazzi e le ragazze (alcuni erano studenti di quella scuola) vennero manganellati in via San Frediano, ha confermato la sua presenza alla mobilitazione di domani, per contestare le misure contenute nel nuovo disegno di legge Sicurezza e ribadire solidarietà alla Palestina.
Tra coloro che sciopereranno sabato ci sarà anche Francesco Piacquadio, 19 anni, così come un anno fa: si trovava nelle prime file del corteo quando è iniziata la carica. Tra i primi ragazzi a rimanere feriti negli scontri, Francesco aveva riportato un lieve trauma cranico per una manganellata ricevuta alla testa e alcune contusioni al polso, per un totale di cinque giorni di prognosi. Ora studente universitario, Piacquadio è uno dei ragazzi della delegazione ad aver incontrato il prefetto: "Ci è stata garantita la comunicazione di tutti i punti che abbiamo portato e che domani non saremo pestati di nuovo". Se nella mente di Francesco sono ancora vividi i ricordi del pomeriggio passato al pronto soccorso dopo la manifestazione, a distanza di un anno si dice ancor più determinato di prima a scendere in piazza e ad alzare la voce per quel che ritiene giusto: "L’unica sensazione che è rimasta in me, come in molti altri ragazzi, è la voglia di lottare. Queste misure hanno lo scopo di reprimere ed impaurire chi vuole accendere un conflitto sociale: il motto di noi protestanti infatti è "senza conflitto non c’è democrazia", come dimostrato scientificamente e storicamente". "È vero che qualche giovane dopo le cariche adesso ha paura a scendere in piazza, è normale che sia così", ammette. "Però il fatto che ci sia un’altra mobilitazione per ricordare ciò che è avvenuto un anno fa vuol dire che qualcosa non ha funzionato: non si parla solo di un rifiuto alla repressione, ma anche del motivo politico per cui eravamo in piazza lo scorso 23 febbraio. Anche altre manifestazioni pro-Palestina sono state represse nella stessa maniera, mobilitarsi è ancora fondamentale: ora c’è un "cessate il fuoco" che però non è stato pienamente rispettato, "l’apartheid" israeliano continua da oltre 70 anni". Francesco spende qualche pensiero anche sul DDL 1660, contestato dagli organizzatori della manifestazione di sabato 22: "Sono misure preoccupanti, rappresentano una tutela alle forze dell’ordine e colpiscono chi manifesta per l’ambiente, chi occupa le case e chi si schiera contro la filiera della logistica. Questo decreto – ampiamente sostenuto dal governo - si colloca in un momento storico in cui il conflitto sociale è a livelli molto bassi: questo vuol dire che anche le minime scintille di conflitto e di dissenso spaventano il governo". "A distanza di un anno la voglia di battersi è più forte e ciò è fondamentale. Vogliamo che queste misure non si ripetano e che non vengano attuate", conclude lo studente.