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Marina fa la conta dei danni dopo un’altra notte di tregenda: "Paghiamo il prezzo più alto"

Lungomare invaso di sassi, soprattutto davanti alla cella 4;: "Sbagliano anche per rimuoverli, li ammassano tutti in un punto, pronti per essere sparati di nuovo alla prossima mareggiata".

Marina fa la conta dei danni dopo un’altra notte di tregenda: "Paghiamo il prezzo più alto"

Lungomare invaso di sassi, soprattutto davanti alla cella 4;: "Sbagliano anche per rimuoverli, li ammassano tutti in un punto, pronti per essere sparati di nuovo alla prossima mareggiata".

di Enrico Mattia Del Punta

PISA

La conta dei danni a Marina di Pisa, con il mare ancora in burrasca e il vento carico di salmastro che punge il viso, è diventata un’azione ordinaria, così quegli eventi metereologici estremi che una volta venivano definiti "straordinari". Una doppia allerta arancione, mercoledì mattina la prima e la notte tra giovedì e ieri la seconda hanno fatto trattenere il fiato ai tanti marinesi. L’acqua del mare è fuoriuscita, ma questa volta non ha allagato le strade. Solo alcune cantine hanno pagato il prezzo più alto, insieme ad ormai i punti più fragili, tra cui il bagno Gorgona (distrutto nuovamente).

Il bar Zenit, davanti alla famigerata "cella 4" che si trova scoperta, senza una diga, ha visto nuovamente la strada davanti a sé coperta di sassi, poi rimossi già nel pomeriggio. "Ho fiducia – spiega Doriana Poli, del bar Zenit -, nel progetto previsto nel 2025 per ricostruire il sistema di difesa, ma oggi noi paghiamo il prezzo più alto". È il "punto più critico" per Xhepa Ilirjan, che non condivide come gli operatori gestiscono la rimozione dei sassi: "li rimettono ammassati sulle rocce – spiega -, pronti per essere sparati di nuovo sulla strada alla prossima mareggiata".

In tanti hanno passato la notte di giovedì fuori casa, come Elena Barsotti, "con mia figlia abbiamo dormito dai parenti, non si può andare avanti così". Mentre c’è chi, come Alessandro Testi, invoca un’altra assemblea pubblica, come quella fatta dopo gli eventi del 2023.

Ogni emergenza colpisce ai fianchi e la paura è psicologica, "il non poter andar via e rimanere sempre all’erta – spiega Rachele Puntoni, mentre il padre è giù a svuotare la cantina allagata -, tuttavia dalla nostra parte la diga ha funzionato, ma sono tre giorni che non si dorme".

I danni più grossi sono al bagno Gorgona, "200 mila euro di danni – dice Stefano Sbrana -, la diga qua è inutile, è troppo bassa, dalla Regione solo chiacchere".

Anche il ristorante Belvedere non se la passa bene, "qua ormai vengono solo fotografi – racconta il titolare Sokol Bregaj -, la sala e il bar sono inagibili, ed è una fatica enorme rimettere tutto a posto". Al porto, invece, il cedimento di alcuni massi nella diga nord, "è più estetico che funzionale – dice Stefano Tempesti amministratore unico -, quella parte non influisce sull’abitato, e non ha influito sulle barche ormeggiate in porto". Nelle prossime settimane, tuttavia, spiega Tempesti, "partiranno i lavori di riposizionamento dei massi, siamo fiduciosi".

Anche la politica entra in campo: "Siamo alla mercé non tanto di un clima ancora da dimostrare che cambi per colpa dell’uomo, ma della mancanza di coraggio da parte della Regione. Ci vuole velocemente un sistema difensivo" tuona il consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Maurizio Nerini. L’unico dato positivo secondo invece la consigliera sempre di Fdi, Virginia Mancini, "è stata la grande presenza di uomini della protezione civile".