REDAZIONE PISA

Frode fiscale, maxi sequestro da 127 milioni di euro. Il blitz tra le province di Pisa e Napoli

Complesso sistema di società fasulle nel settore della pelletteria e delle calzature. Decine di indagati

Pisa, 21 gennaio 2025 – Una maxioperazione della Guardia di finanza di Pisa e Napoli, in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo “monstre” firmato dal Gip di Napoli su richiesta della Procura partenopea, che si spiega bene con i numeri: 127 milioni e 122mila euro di profitti illeciti, stessa cifra del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni mobili e immobili, 51 società e 54 indagati, 46 milioni di euro di imposte non pagate nel periodo 2019-2021, riciclaggio e autoriciclaggio di ben 81 milioni di euro, ben 200 finanzieri messi in campo.

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Le immagini riprese dalla Guardia di Finanza

Al centro dell’operazione c’è una enorme e complessa frode fiscale finita nel mirino delle Fiamme Gialle dal 2020, che ritengono di aver ricostruito il quadro di un’associazione a delinquere che aveva messo in piedi l’articolato sistema di “società cartiere”, cioè società fittizie riconducibili a “titolari” di Napoli e Caserta ma che servivano solo a emettere fatture per operazioni inesistenti nei confronti di “società clienti”, localizzate in Toscana, Campania, Marche e Veneto, nei settori della pelletteria e delle calzature, così da garantire alle stesse un’indebita detrazione Iva, la contabilizzazione di un costo indeducibile e ottenere conseguentemente una cospicua provvista di denaro in contanti, somme sottratta alle casse delle società.

I clienti finali utilizzatori delle fatture - complessivamente 34 società - una volta ricevuta la falsa fattura e il relativo documento di trasporto ottenuto da ditte di trasporto compiacenti, pagavano le fittizie forniture mediante bonifici bancari. Ricevuti i pagamenti dai clienti ed effettuati quotidiani giri di bonifici tra i diversi conti correnti intestati alle numerose aziende del gruppo, i principali indagati facevano confluire le somme su conti correnti di istituti di credito situati in Cina, sempre a mezzo bonifici, per poi rientrarne in possesso sotto forma di denaro contante, avvalendosi di cinesi residenti a Napoli.

Quando le banche hanno iniziato a porre attenzione alle operazioni, il meccanismo di riciclaggio è stato modificato e i bonifici hanno iniziato a circolare prima su due società estere, una in Albania e l’altra in Croazia, per essere da lì inviati in Cina e dunque restituite ai clienti trattenendo una parte del dovuto quale profitto dell’intermediazione. I bonifici esteri erano del tutto svincolati da reali operazioni commerciali ed erano emessi dal sodalizio solo per svuotare continuamente i conti correnti aziendali, simulare importazioni di merci dalla Cina – inesistenti - e realizzare la cospicua provvista di denaro contante.

Il sofisticato sistema ha coinvolto professionisti, intermediari e vari prestanome delle società “cartiere” per cercare di rendere più complessa la ricostruzione dei passaggi delle merci – e dei relativi pagamenti – dalle “cartiere” a monte fino agli acquirenti ultimi a valle.