MARIO FERRARI
Cronaca

Sott’acqua e nello spazio. La medicina dei sub per salvare vite umane e colonizzare altri mondi

La Scuola Sant’Anna in collaborazione con l’istituto di fisiologia clinica del Cnr lancia la decima edizione del master “Piergiorgio Data”

La nuova frontiera della medicina

La nuova frontiera della medicina

Pisa, 6 ottobre 2024 – “Investire nella formazione di specialisti in medicina subacquea e iperbarica significa fornire strumenti per salvare vite umane e migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria”. La Scuola Sant’Anna, in collaborazione con l’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr, ha aperto le iscrizioni per la decima edizione del master “Piergiorgio Data”, il primo programma di alta formazione in Italia a fornire le certificazioni europee per la medicina subacquea e iperbarica, riconosciute a livello globale. Un master di primo livello, della durata totale di due anni, al quale i laureati o laureandi in Medicina potranno iscriversi fino al 18 novembre. “Le applicazioni di questa branca sono moltissime - afferma il professor Vincenzo Lionetti, associato in Anestesia e Rianimazione del Centro Health Science della Sant’Anna e direttore del master - e non si limitano solo all’acqua ma anche al sotto terra e allo spazio. Sarà sempre più utile esserne esperti soprattutto per la tutela della salute delle persone”.

Come mai?

“Perché c’è un vulnus nell’ambito della gestione degli incidenti subacquei: i presidi salvavita sono vecchi e superati e, così come il personale specializzato, risultano insufficienti. Il nostro master ha esattamente l’obiettivo di colmare questa lacuna formando medici che siano in grado di gestire le crisi legate agli incidenti sott’acqua e all’esposizione a veleni come il monossido di carbonio, un gas inodore e incolore che può uccidere senza neanche accorgersene”.

Quanto è seria la situazione?

“Molto. Ogni anno in Italia circa 6mila persone finiscono ricoverate e più di 350 muoiono per avvelenamento da monossido di carbonio. Mentre di infortuni subacquei se ne registrano annualmente un migliaio di cui oltre il 10 per cento mortali”.

Ed è colpa delle immersioni?

“Esattamente, soprattutto per la cosiddetta ‘malattia da decompressioni’. Sono rischi che rappresentano una grave minaccia per la salute pubblica, per la quale serve una risposta urgente e coordinata che al momento è carente, anche perchè negli ultimi è incrementato il cosiddetto ‘obiettivo subacqueo’. Quindi la ricerca sottomarina è stata considerata sempre più una risorsa per l’estrazione di metalli, petrolio, attività lavorative o anche ricreative. Il problema è che all’aumento dell’interesse non ne è corrisposto uno dell’informazione”.

Cosa intende?

“Studi recenti dimostrano che il numero di immersioni che si fanno nel tempo incrementa il decadimento cognitivo, la fibrillazione atriale, alterazioni del tono dell’umore. Serve maggiore prevenzione e gestione della salute del sub, i quali sviluppano molte patologie che non vengono curate a dovere senza nuovi specialisti”.

E il vostro master permette di formarli?

“Esatto ma non solo. Per esempio l’ambiente subacqueo è la ‘palestra’ degli astronauti perché è simile per scarsa illuminazione e basse temperature allo spazio e i cosmonauti possono allenarcisi per svolgere le attività extraveicolari, ossia al di fuori dalle stazioni spaziali. Occuparsi di medicina subacquea e significa occuparsi di temi dal civile al militare, dal pubblico al privato, dalla terra allo spazio”.