MARIO FERRARI
Cronaca

Moda e produzione: "Insostenibile per l’ambiente. Educare i consumatori"

L’Università di Pisa unico partner italiano del progetto ‘Planet 4B’. Bonetti (Scienze Politiche): "Siamo già in ritardo, serve più attenzione". Oggi solo il 12% dei tessuti viene riciclato. Comprare meno e meglio.

Il grafico con i dati dell'impatto  della moda sulla biodiversità

Il grafico con i dati dell'impatto della moda sulla biodiversità

Pisa, 9 luglio 2024 –  "Per rendere la moda veramente sostenibile dovremmo acquistare al massimo 5 capi nuovi l’anno". È ben consapevole di lanciare una provocazione la ricercatrice Marta Bonetti, del dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa, ma serve a rendere bene l’idea della situazione: il settore della moda, così com’è, rischia di essere insostenibile a livello ambientale.

Il grafico con i dati dell'impatto  della moda sulla biodiversità
Il grafico con i dati dell'impatto della moda sulla biodiversità

È per questo che è nato il progetto Planet4B, un’idea europea che ha radunato 16 partner diversi (tra cui l’Unipi, unica in Italia) per capire come tutelare la biodiversità e consigliare ai consumatori le soluzioni migliori per renderla più sostenibile. Il tutto con l’obiettivo di "individuare e studiare modelli di produzione diversi e innovativi così da avviare un percorso di trasformazione di uno dei settori più inquinanti del pianeta". "Il fabbisogno annuale di acqua per la moda - afferma la dottoressa Bonetti - corrisponde al 20% dello spreco idrico globale (93 miliardi di metri cubi), per la coltivazione del cotone si consuma il 22,5% dell’uso globale dei pestici e il 10% degli insetticidi, l’industria emette 1,7 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno e l’8-10% di emissioni globali di gas serra.

Davanti a questi dati - continua - è importante che tutte le aziende capiscano che c’è bisogno di uno sforzo comune per sostenere la natura: bisogna ridurre produzione e consumi, realizzare capi più durevoli oltre ad aumentare il riciclo e promuovere il rispetto dei diritti di lavoratrici e lavoratori". Non tutto però passa dalle aziende, visto che anche l’educazione dei consumatori, giovani in primis, ha un ruolo fondamentale per ridurre l’impatto. Per il coordinatore del progetto Matteo Villa, professore al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa "c’è un’attenzione crescente, soprattutto fra le giovani generazioni, verso modelli di comportamento e di businness capaci di ridurre gli impatti negativi del settore, promuovendo produzioni di maggiore qualità, minor consumo e spreco di risorse naturali". Con questa consapevolezza, la dottoressa Bonetti ha ribadito l’importanza di "Comprare meno e meglio, fare attenzione ai prezzi bassi, valorizzare la filiera non soltanto tracciabile ma anche corta, acquistare abiti che durano di più, promuovere il riuso".

Nell’ambito di Planet4B, l’Ateneo pisano conduce uno studio sull’industria tessile, tra le maggiori responsabili del degrado ecologico lungo tutta la filiera. Un esempio fra tutti: la realizzazione di un chilogrammo di cotone richiede tra 10mila e 20mila litri di acqua. Senza contare l’impatto dei tessuti bruciati o eliminati in discarica, che ammonta al 73% della fibra prodotta, mentre solo il 12% dei tessuti viene riciclato. "È importante avere un’attenzione crescente alla moda sostenibile - conclude la ricercatrice Marta Bonetti -. Tanto l’Unione Europea quanto i grandi marchi si stanno muovendo nell’ottica della sostenibilità e il progetto Planet4B è una buona risposta: tutte le scadenze ci dicono che dobbiamo sbrigarci per salvare il pianeta visto che siamo già in ritardo".