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Neonato muore: in tre a processo

Sotto accusa due medici e un’ostetrica. «Non ricorsero al cesareo»

Una sala parto in un'immagine di archivio (foto Ansa)

Pisa, 3 ottobre 2019 - Due medici  e un’ostetrica dell’ospedale di Lucca sono stati rinviati a giudizio dal gup Silvestri per omicidio colposo in relazione alla morte di un neonato, avvenuta il 30 giugno 2016 al termine di un parto in cui tutto andò storto. Il processo si aprirà il 5 febbraio e vedrà alla sbarra la ginecologa lucchese Annalisa Pola (difesa dall’avvocato Enrico Marzaduri), il medico ca Giovanni Lencioni (avvocato Gianfelice Cesaretti) e l’ostetrica Stefania Antichi, di San Giuliano Terme (avvocato Marco Meoli). Parti civili i genitori del piccolo, un operaio 40enne di origine marocchina e una bielorussa 38enne, assistiti dall’avvocato Veronica Nelli. L’Asl si è invece costituita responsabile civile c on l’avvocato Nicoletta Rabiolo.

Secondo l’ accusa, vi furono gravi negligenze prima e durante il parto. Tutto accadde nel primo pomeriggio del 30 giugno 2016 all’ospedale lucchese. La gravidanza era stata regolare e niente lasciava presagire il tragico epilogo. In realtà il nascituro era in grave sofferenza. Già durante il travaglio, la ginecologa e l’ostetrica di turno non avrebbero valutato con attenzione il tracciato cardiotocografico dalle 13.10-13.40 che indicava problemi di ipossia e sofferenza fetale. Secondo i due consulenti tecnici nominati dalla Procura (il professor Marco Di Paolo e il ginecologo Salvatore Felis della clinica San Martino di Genova) si sarebbe dovuto praticare immediatamente un cesareo. Invece l’intervento d’emergenza fu tardivo e il feto, di 3,7 chilogrammi fu espulso con la ventosa ostetrica solo alle 15.44, ma era già morto.

Sempre  secondo la Procura “nella fase finale del parto (dopo le 12,40-13,30, tempo nel quale erano in servizio i ginecologi Pola e Lencioni, che si allontanava dal reparto alle 13.30 anziché alle 14 senza accertarsi della effettiva presenza in servizio del medico che sarebbe dovuto subentrare alle 14 che di fatto prendeva servizio solo alle 15.30) la cardiotocografia evidenziava una grave sofferenza fetale che veniva totalmente trascurata”. Il tracciato evidenziava infatti ipossia, ma non furono tentate manovre di rianimazione intrauterina, “né si provvedeva ad espletare celermente il parto con cesareo”. Per i genitori uno choc terribile e del tutto inaspettato, dopo una gravidanza senza particolari preoccupazioni. E poi, dolore nel dolore, un’attesa di mesi per dare una sepoltura al loro neonato, rimasto a lungo in una cella frigorifera per l’espletamento dei complessi accertamenti giudiziari. Paolo Pacini