di Gabriele MasieroPISA
Partiranno probabilmente a giugno i lavori di costruzione della mensa della Caritas a San Giusto per concludersi entro un anno e offrire un luogo capace di fornire circa 100 pasti gratuiti giornalieri. La struttura sorgerà nell’ex area dei Cappuccini, a ridosso del Pisamover, che è appena stata acquistata dalla Diocesi e a gennaio sarà presentata al Comune la richiesta di permesso a costruire. La realizzazione della nuova mensa sarà l’opera segno dell’Arcidiocesi di Pisa per il Giubileo 2025. E non sarà un luogo qualsiasi perché il progetto si fonda anche sulle risposte date una sorta di "questionario" diffuso tra i poveri che solitamente frequentano la Caritas, non a caso il disegno della nuova struttura è concepito come un abbraccio con l’obiettivo proprio di accogliere, includere, far sentire a casa chi ha più bisogno.
"Abbiamo ascoltato i nostri ospiti con la scusa di somministrare loro un questionario di valutazione - ha spiegato il direttore della Caritas diocesana, don Emanuele Morelli - e sono emerse molte indicazioni interessanti. Ci hanno chiesto un luogo dove si mangia bene, colorato, con le piante, dove sia possibile socializzare. E abbiamo scelta l’ex palestra dei Cappuccini in San Giusto (dopo una prima ipotesi al chiesino di San Marco in via Vespucci, rivelatosi però poi troppo piccolo) perché la collocazione urbanistica dell’immobile, dietro la stazione, raggiungibile dal sottopasso lo rendeva idoneo alla realizzazione del progetto". La nuova mensa Caritas, a pianta rettangolare, molto semplice nelle linee, sarà realizzata in materiali durevoli, come la terracotta ed avrà su un lato 4 mini appartamenti da destinare a persone che vivono in condizioni di disagio abitativo.
"Infine - conclude don Morelli - ci sarà un piccolo spazio, cuore di tutto il progetto, destinato alla meditazione e alla preghiera". L’opera segno dell’Arcidiocesi serve anche a dare una risposta alle difficoltà esplose negli ultimi anni in seguito alla pandemia.
"Dall’insorgere della crisi pandemica - aggiunge l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto - le nostre mense hanno cambiato il loro servizio, non sono mai state chiuse ma hanno cominciato a servire cibo caldo da asporto. Con la fine della pandemia la mensa di San Francesco non ha riaperto a causa delle piccole dimensioni e della morte improvvisa del suo animatore, Remo, che ricordiamo nella preghiera, e la mensa del Cottolengo, vista la contiguità con la casa di riposo e i vincoli posti dal sistema sanitario, ha continuato a servire cibo caldo da asporto. Durante questo tempo difficile abbiamo servito da mangiare anche a 126 persone nello stesso giorno. Ad oggi il numero oscilla tra le 80 e le 100 persone quotidianamente". Numeri che mostrano, impietosamente, la necessità di una struttura di questo tipo e da realizzare anche piuttosto in fretta. Motivo per il quale, La Nazione lo aveva anticipato più volte nei mesi scorsi, l’Arcidiocesi lavora al progetto da almeno un anno se non di più: "La crisi pandemica - spiega Benotto - ha messo in crisi il modello della mensa piccola e ci ha cominciato a far pensare alla necessità di pensare a una nuova struttura che potesse accogliere fino a 100 persone contemporaneamente e offrire uno spazio di socializzazione e di incontro, un luogo dove ricevere anche altri tipi di servizi. Abbiamo pensato che individuare questo intervento come opera principale nell’anno giubilare fosse il modo migliore per declinare il cammino di speranza che ci ha indicato il Santo Padre nella sua bolla papale di indizione del giubileo".