
Le motivazioni della Cassazione che ha rigettato il ricorso ai fini civili. Sul testimone chiave: "L’ex caporale dato per errore presente quella notte".
Non c’è prova certa che agissero sempre in tre. Come non ci sono smentire alla ricostruzione offerta dall’imputato. Sempre la stessa. Mentre, ad condanna si può arrivare solo quando la prova sia sufficientemente chiara, coerente e univoca, "al punto da poter escludere ragionevolmente la possibilità di ipotesi ricostruttive alternative". Riguardo la posizione di Andrea Antico, nell’omicidio Scieri (nella foto), "l’ipotesi ricostruttiva alternativa non riguarda la dinamica dell’omicidio", rileva la Cassazione, quanto piuttosto se Antico era presente o no in caserma la notte del delitto. E quindi il fatto che il testimone chiave dell’accusa "abbia riferito un fatto reale, e precisamente la presenza di alcuni commilitoni che in maniera agitata commentavano qualcosa di grave che avevano appena commesso nella notte tra il 13 e il 14 agosto 1999, in una camerata nella caserma Gamerra, ma inserendovi erroneamente anche Antico, che sicuramente altre volte aveva visto insieme a Panella e Zabara, ma che quella notte in realtà non c’era perché si trovava in licenza". Ecco perché Antico deve uscire per sempre dal caso Scieri. Anche sotto il profilo civile.
I difensori della famiglia Scieri (gli avvocati Alessandra Furnari e Ivan Albo), infatti, avevano impugnato per Cassazione, ai soli fini civili, la sentenza di assoluzione di Antico da parte della Corte d’appello (che aveva confermato quella, in abbreviato del gup di Pisa) insistendo sulla affidabilità delle dichiarazioni del testimone circa la presenza in caserma di Antico la notte dell’omicidio senza confrontarsi – secondo gli ermellini – con "la rilevata assenza di riscontri". Nella decisione della Cassazione (che ha rigettato il ricorso) si ricorda che la sentenza d’appello aveva evidenziato che Antico – difeso dagli avvocati Fiorenzo ed Alberto Alessi – ha inolttr sempre sostenuto la stessa versione. Fin dall’inizio. Già il 13 marzo 2000 aveva detto ai carabinieri di essere partito da Pisa per la licenza il 12 agosto, di avere preso un treno per Roma e poi da Roma un altro treno per Lecce, e di essere rientrato in caserma il 19 agosto. A questa ricostruzione – sottolineano i giudici – "non vi è alcuna smentita". Antico ha fornito un alibi. Che ha trovato conforto, poi, nelle parole dei genitori "che anche quell’anno – si legge nelle motivazioni della Cassazione – avevano passato tutti insieme il ferragosto in Puglia e che Andrea era tornato a casa il 13 dopo avere viaggiato di notte". Altro dato a favore dell’imputato era arrivato dalla prima sentenza di assoluzione: dalle intercettazioni delle conversazioni di Antico con la madre, "in cui gli interlocutori, che danno per assodato come fatto veritiero il rientro a casa di Andrea il 13 agosto 1999, si pongono solo il problema di riuscirlo a dimostrare; e che con tale dato non si confronta l’appello del pm". A scardinare la prima granitica tesi accusatoria – ovvero che Scieri fosse stato vittima di tre nonni – un ulteriore aspetto: "non è affatto provato che i tre agissero sempre insieme nelle loro vessazioni ai danni delle reclute, risultando anzi provato il contrario". Per loro c’è stata la condanna anche in appello per l’omicidio di Emanuele Scieri, il 26enne parà siracusano, trovato cadavere sotto un tavolo della caserma Gamerra il 16 agosto 1999, deceduto da tre giorni. Alessandro Panella (difeso dall’avvocato Andrea Cariello) è stato condannato a 22 anni di reclusione, e Luigi Zabara (assistito degli avvocati Andrea Di Giuliomaria e Maria Teresa Schettini), condannato a 9 anni, 9 mesi e 10 giorni.
Carlo Baroni