Carlo Baroni e Enrico Mattia Del Punta
Cronaca

Omicidio Capovani: Seung, colloqui fiume. Più di tre ore con i periti, alla fine: “L’ho aggredita”

Il collegio incaricato dell’integrazione ha parlato a lungo con il 36enne. L’imputato ha risposto a tutte le domande e ha raccontato la sua vita

Gianluca Paul Seung arriva in tribunale per il processo sull'omicidio Capovani (foto di Enrico Mattia Del Punta)

Gianluca Paul Seung arriva in tribunale per il processo sull'omicidio Capovani (foto di Enrico Mattia Del Punta)

Pisa, 22 agosto 2024 – Dal silenzio al fiume in piena. Gianluca Paul Seung, 36enne di Torre del Lago, accusato di aver ucciso, massacrandola con un oggetto mai trovato e identificato, la dottoressa Capovani, ha parlato per più di tre ore con il collegio di periti incaricati dalla corte d’assise di Pisa dell’integrazione di perizia. Il tutto in due incontri, uno in presenza, nel carcere di Livorno a fine luglio, nel quale erano presenti tutti e cinque i professionisti. Un secondo poi, il 7 agosto, con un collegamento da remoto. Due incontri durati, ognuno, oltre un’ora e mezza. E proprio durante questi colloqui Seung – si apprende - ha fatto una prima significativa ammissione ai fini del processo: “L’ho aggredita”, ammettendo il contatto con la dottoressa Capovani e, di fatto, collocandosi sul luogo del delitto il 21 aprile 2023.

Quel giorno, secondo l’accusa, Seung si era appostato nelle vicinanze della clinica psichiatrica del complesso del Santa Chiara in attesa che la psichiatra, terminato il turno di lavoro, uscisse per tornare a casa. Una volta arrivata alla propria bicicletta, l’omicida la assalì alle spalle colpendola più volte. Per l’accusa Seung si scagliò contro la Capovani come una furia. Incastrato dalle indagini, il 36enne che sui social si definiva sciamano, è rimasto trincerato dietro un ostinato silenzio per mesi.

Tant’è che la perizia fu condotta solo sulle carte, senza la partecipazione di Seung che era già stato messo sotto la lente da un’attività d’indagine imponente. In mano alla procura anche un elemento ritenuto importante per l’accusa: una cartellina per documenti, sequestrata dagli inquirenti a casa di Seung: all’interno fu trovata un traccia mista, con Dna dello stesso Seung e della dottoressa Capovani. Il movente? Una vendetta. Perché fu proprio la dottoressa Capovani a fare su di lui la diagnosi di disturbo di personalità e per un giorno a contenerlo a letto, quando fu ricoverato nel suo reparto.

Seung, da quanto abbiamo appreso, ha parlato a ruota libera stavolta e non si è sottratto ad alcuna domanda. “Vuole la scena, parla copiosamente, si esprime con dovizia di particolari – sottolinea il professor Rolando Paterniti, consulente della sostituta procuratrice Lydia Pagnini –. Ha parlato della sua vita, in particolare degli ultimi anni, della sua visione del mondo, del fatto che aveva fondato un’associazione per la tutela dei pazienti psichiatrici. Ha fatto emergere in pieno la sua personalità narcisistica, paranoidea e antisociale, proprio come hanno concluso in perizia i professori Ferracuti e Ariatti, che era poi la stessa diagnosi sul soggetto fatta dalla dottoressa Capovani quando lo ricoverò”.

“Seung è un soggetto con problemi psichiatrici – precisa il professor Paterniti – Ma era capace di intendere e di volere al momento del delitto”. Dunque “nessun vizio di mente”, avrebbero concluso i periti incaricati dell’integrazione. Una relazione depositata lunedì scorso e che stavolta è “blindata” dalla partecipazione dello stesso Seung alle operazioni. Un elaborato che sarà puntigliosamente analizzato dai difensori del 36enne, gli avvocati Gabriele Parrini e Andrea Pieri, in vista della prossima udienza del 18 settembre. Intanto sulla prima ammissione di Seung di aver aggredito Barbara Capovani, il compagno della vittima, Michele Bellandi, ha detto: “Non voglio commentare questo passaggio, la giustizia farà il suo corso”.