Omicidio di Oratoio. Celle telefoniche, scooter e telecamere: tre chiavi per l’indagine

Si vogliono collocare le due persone sospette sul luogo del delitto. Così si cerca di stringere il cerchio intorno ai killer del giardiniere. La camminata silenziosa partirà da Riglione

Pisa, 12 ottobre 2024 – Oggi alle 18.30 ci sarà la camminata silenziosa che partirà da piazza della Fornace a Riglione e si concluderà alla chiesa di San Michele Arcangelo a Oratoio, dove domenica scorsa, alle 21, i colpi di pistola che hanno ucciso Arshaij si sono mischiati al suono delle campane. Un delitto che sconvolto in prima battuta il quartiere, appunto, ma anche tutta la città di Pisa. Il comitato di Quartiere Oratoio-Riglione dopo l’efferata esecuzione di Beni Arshiaj – perché di questo, si è trattato, per mano di due soggetti ai quali gli inquirenti stanno dando la caccia con serrate indagini coperte dal massimo riserbo – invita tutta la cittadinanza a partecipare e chiede anche la riapertura della caserma dei carabinieri chiusa tra il 2017 e il 2018.

“Nel gennaio 2022 – avevano spiegato nei giorni scorsi al nostro giornale, annunciato l’iniziativa di stasera – furono raccolte oltre 400 firme per chiedere la riapertura della caserma, ma ciò non potrà avvenire a causa delle nuove regole sulle strutture che devono ospitare le caserme”. Una camminata silenziosa per sottolineare l’estrema gravità dell’accaduto e chiedere sicurezza.

Il bauletto dello scooter grigio ritrovato per cercare impronte, le celle telefoniche per individuare chi lo guidava e le tracce di polvere da sparo per indirizzare definitivamente le indagini sulle due persone sospette, che indossano un casco integrale e che sono state riprese domenica sera in un orario compatibile con il delitto davanti a casa di Beni.

Sono gli elementi principali sui quali si stanno concentrando gli investigatori per capire chi e perché domenica sera a Oratoio abbia ucciso Rezart Arshiaj, il muratore e giardiniere albanese di 37 anni, crivellandolo con almeno 5 colpi di pistola calibro 22, molti dei quali andati a segno alla testa e al corpo. Una vera e propria esecuzione, premeditata e pianificata. Su questo almeno non ci sono dubbi. Chi ha sparato a Beni sapeva chi colpire, ma anche come muoversi: probabilmente approfittando anche della concomitanza con la processione organizzata dalla parrocchia di San Michele Arcangelo, davanti all’abitazione della vittima e quella sera animata da decine di persone tra fedeli, curiosi e componenti della banda «Filarmonica Puccini«. Per questo il rapido ritrovamento dello scooter, rubato ai primi di settembre a Livorno e poi abbandonato a Ospedaletto dopo avergli scaricato sulla parte anteriore un estintore, potrebbe essere una delle chiavi dell’inchiesta. Gli inquirenti sono stati subito convinti che il veicolo sia quello utilizzato dai killer, ovvero da quelle due persone che sono state riprese dalla telecamera proprio davanti a casa della famiglia Arshiaj.

Per esserne definitivamente certi però gli investigatori hanno bisogno di prove e non solo di sospetti e sperano che queste possano arrivare dalle analisi tecniche: lo stub, ovvero il rinvenimento di tracce di polvere da sparo, sul veicolo (e l’utilizzo dello schiumogeno secondo gli inquirenti servirebbe proprio al tentativo di cancellarle); ma anche le impronte digitali, magari sul bauletto collocato sulla parte posteriore del mezzo e trovato intatto; infine l’analisi delle celle telefoniche per provare a dare un volto e un nome a chiunque si trovasse intorno alla casa di Beni in un orario compatibile con la sua uccisione. Accertamenti che richiederanno tempo e che saranno supportati anche da investigazioni tradizionali per stringere il cerchio intorno ai killer del giardiniere.

Gab.Mas.