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Qui sopra Saverio Antonio Gennario Cannistrà, 66 anni. Sotto monsignor Benotto
"Troverò una città piena di giovani grazie alle sue tre università e questa è un’ulteriore sfida per quello che sarà il mio ministero. Uno degli aspetti più intriganti". La settimana prossima padre Saverio Cannistrà, che il prossimo 11 maggio sarà ordinato arcivescovo di Pisa, sarà in città per prendere i primi concreti contatti con la Chiesa pisana. E, con La Nazione, accetta di parlare del delicato lavoro che lo aspetta. Teologo ed ex normalista. Frate carmelitano scalzo.
Cominciamo da qui: continuerà a farsi chiamare padre? "Sì, soprattutto perché sono un religioso e se mi chiamano monsignor rischio di non voltarmi neppure perché non sono abituato. Padre Saverio, andrà benissimo per tutti".
Ritrova una città che conosce e che ha scoperto da studente prima e da religioso poi. "La città la conosco anche più recentemente perché quando ho terminato il mio mandato di Generale, da ottobre 2021 a ottobre 2022 sono tornato a Pisa ed è stata l’occasione per entrare in contatto con la diocesi e il presbiterio di Pisa, in concomitanza con la prima tappa del sinodo. Non ho quindi solo ricordi di quando ero studente, alla fine degli anni Settanta. E poi ho avuto modo di confrontarmi con l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto con il quale parlerò a lungo anche nei prossimi giorni: ogni volta che lo faccio ho la sensazione di un uomo che infonde pace, di sentire un fratello più grande che mi accompagna e che mi introduce in un ministero per me del tutto nuovo. Spero che mi aiuti con la sua esperienza e sono sicuro che lo farà".
Il suo lungo incarico di Preposito Generale dell’Ordine dei carmelitani scalzi le ha permesso di unire alle competenze universitarie e teologiche una visione internazionale del suo ministero. La applicherà anche nella guida della Chiesa pisana? "Questa visione del mondo che superi gli steccati, come dire, locali è un punto fondamentale e uno degli aspetti più intriganti della Chiesa pisana e della diocesi di Pisa, dove la massiccia presenza di universitari impone riflessioni più ampie e profonde. Mi metterò in ascolto e cercherò di instaurare un dialogo soprattutto con i giovani. Intendo relazionarmi il più possibile con le nuove generazioni, indipendentemente dal fatto che i giovani che incontrerò siano credenti, e mi avvicinerò a loro con curiosità e con interesse perché trovo che le loro domande siano una ricchezza, anche per il ministero che papa Francesco mi ha assegnato. Il loro punto di vista è diverso dal nostro e ci obbliga a un confronto costante con la ricerca di verità, che mi pare caratteristica delle nuove generazioni".
Che messaggio si sente di inviare ai pisani e alla Chiesa pisana? "Non ho ancora messaggi da dare, ma ho aspettative. E la principale è quella di imparare. Di stare in ascolto. E mi riferisco sia alla comunità ecclesiale che a quella cittadina. Anzi, dal momento della nomina mi considero pisano".
In che senso? "Mi sento già parte della vostra comunità e per saperne di più ho prenotato un libro di Ottavio Banti, che è stato mio professore di paleografia e morto centenario pochi mesi fa: parla della storia di Pisa e attraverso di lui voglio scoprire di più e meglio le radici della città".
Pisa è però solo un pezzo di una diocesi assai più vasta. "E che presenta al suo interno tante differenze. Si sviluppa in quattro diverse realtà territoriali. Quattro ‘isole’ che comprendono la piana dell’Arno, la piana del Serchio e Barga, le colline pisane a sud di Pisa dal Collesalvetti a San Pietro in palazzi e la Versilia storica con i comuni di Pietrasanta, Seravezza, Forte dei Marmi e Stazzema. Un’area molto vasta e con tante differenze sociali ed economiche. Sarà un’ulteriore sfida scoprire e accompagnare le diverse vocazioni dei territori".