Pisa, 1 marzo 2025 – Se si pensa alle piante spaziali, c’è chi le associa a film come “L’invasione degli Ultracorpi” dove dei baccelli giganti vogliono dominare il mondo e chi, invece, pensa a “The Martian” dove Matt Damon sopravvive su Marte coltivando delle patate. Per fortuna, c’è stato un gruppo di scienziati dell’Università di Pisa, della Sapienza di Roma e dell’Agenzia Spaziale Italiana che, evidentemente, ha visto la pellicola di Ridley Scott e ha scoperto come coltivare verdure nello spazio anche al buio. È stato infatti individuato il meccanismo molecolare che permette ad alcune piante di crescere indipendentemente dalla presenza di luce, ritenuta finora fondamentale per un corretto sviluppo dei vegetali e che secondo Riccardo Di Mambro, associato di Fisiologia Vegetale di Unipi, che ha preso parte al progetto, “potrebbe contribuire sensibilmente alla colonizzazione dello spazio”.

Professore, arriveremo alle serre su Marte come nel film di Ridley Scott?
“L’ottica è quella di ‘The Martian’, ovviamente stando diversi passi indietro. Però il nostro studio pone le basi perciò quel futuro: l’obiettivo è trovare delle applicazioni per le coltivazioni sulla Luna e su Marte”.
E cosa è cambiato rispetto al passato?
“Abbiamo identificato una particolare microverdura, il crescione amaro peloso, che attraverso un particolare meccanismo può germinare in ambienti estremi senza luce o acqua. Una scoperta che può essere il punto di partenza per le coltivazioni sulle stazioni spaziali”.
Come mai?
“Perché durante le missioni nello spazio uno dei problemi principali è l’approvvigionamento di cibo fresco per gli astronauti. Potendolo coltivare direttamente in orbita garantisce più tempo per portare avanti la colonizzazione della Luna e Marte. Per non parlare poi della questione energetica”.
Ossia?
“Una microverdura che non ha bisogno di luce o acqua è una grandissima risorsa perché non consuma energia. E per chi si trova in orbita a migliaia di chilometri dal nostro pianeta è di vitale importanza”.
Queste scoperte possono anche avere un’ottica per la vita di tutti i giorni sulla Terra?
“Sì. Attualmente i cambiamenti climatici stanno riducendo le risorse vegetali e gli ambienti dove queste possono nascere. Capisce bene che avere delle piante resistenti alle condizioni estreme può garantire fonti di approvvigionamento anche in un futuro dove le terre coltivabili saranno sempre meno”.
Però soltanto questo crescione potrebbe sopravvivere.
“Stiamo cercando di replicare il meccanismo che permette al crescione amaro peloso di germinare senza luce anche in altre microverdure, come il riso. Attraverso un processo di editing genomico faremo interventi sulla sequenza Dna delle piante per modificarlo senza che comporti altri cambiamenti. Se questo dovesse funzionare, potremmo avere delle colture che saranno il più efficienti possibile in condizioni avverse. E questo, in termini di colonie spaziali, sarebbe fondamentale”.