Prima che l’anno completi il suo percorso non possiamo dimenticare che in questo 2023 cade il centenario della nascita di un grande pisano: Emilio Tolaini. Fin dal 1946, quindi a soli 23 anni, Tolaini iniziò a pubblicare studi di scultura, architettura, urbanistica medievale rilevandosi ricercatore attento e senza compromessi. Proprio in quell’anno, il 1946, era stato fra gli organizzatori della straordinaria mostra sulla scultura pisana del Trecento, iniziativa tanto più unica perché voluta mentre larga parte della città era distrutta dalle bombe e dalle cannonate. Grazie a una borsa di studio Emilio Tolaini affinò poi i suoi interessi artistici vivendo dal 1951, per cinque anni, a Parigi nell’ambito dei servizi culturali dell’ambasciata italiana condividendo quell’esperienza con la moglie Mimma Russoli che sarà per tutta la vita il suo inseparabile alter ego. La sua attività pubblicistica fu praticamente senza fine. L’opera che rivelò all’Italia questo pisano così pieno d’ingegno fu certamente "Forma Pisarum, problemi e ricerche per una storia urbanistica della città di Pisa", uscito nel 1968 per l’editore Nistri Lischi. Negli anni Tolaini scrisse anche delle mura, del Campo Santo e di tante altre cose ancora, alcune delle quali con la leggerezza dello studioso che di tanto in tanto vuole fare ricerca divertendosi. Così vennero alla luce "Almanacco pisano" e il "Grande gioco pisano dell’Oca". La sua ultima opera, preziosa come le altre, fu "I ponti di Pisa" (2005, Edizioni Ets).
Intanto, nel 1992, un editore del prestigio di Laterza aveva inserito Emilio Tolaini fra gli autori della collana "Le città nella storia d’Italia" (oggetto, ovviamente, Pisa). Con lo stesso scrupolo analitico del ricercatore fu sempre anche un docente, impegnato in vari istituti d’arte fino all’Accademia di Belle Arti di Firenze che nel 2010 volle conferirgli il riconoscimento più ambito. Emilio Tolaini era un uomo geniale nel metodo di ricerca quanto difficile nel carattere e selettivo nelle amicizie. Una sera nell’autunno del 2009, nella sua casa di via Fratti, tentammo di fargli elencare la cerchia dei pisani che più stimava (o aveva stimato) e che considerava (o aveva considerato) più amici. Ne venne fuori un elenco piuttosto striminzito nel quale soprattutto due nomi furono ripetuti più volte: l’editore Luciano Lischi e il pittore Beppe Bartolini. Nella sua critica, mai sottaciuta, sui misfatti urbanistici della città Emilio Tolaini ebbe sempre due spine nel cuore: la rivoluzione (che lui chiamava "distruzione") di piazza Vittorio Emanuele, compiuta negli anni Trenta, che a suo dire aveva stravolto il senso urbano e sociale di questo angolo di città, e la cancellazione della parte medievale del Borgo Stretto laddove una bomba aveva distrutto nel 1944 un palazzo. Tolaini considerò sempre “terrificante“ lasciare, dopo aver rimosso le macerie, uno spazio coronandolo in seguito con moderni, “orribili” edifici. E ciò che da settant’anni la città conosce come "Largo Ciro Menotti".
Renzo Castelli