Prima in cella e poi assolti, ora chiedono i danni

PISA Un nuovo giudizio in Corte d’appello. Gli ermellini hanno accolto il ricorso di Silvi...

Prima in cella e poi assolti, ora chiedono i danni

Prima in cella e poi assolti, ora chiedono i danni

Un nuovo giudizio in Corte d’appello. Gli ermellini hanno accolto il ricorso di Silvia Guerini, 41 anni e di Costantino Ragusa, 48 anni, contro l’ordinanza con cui la corte fiorentina ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione. Si tratta di una vicenda lontana nel tempo, quando a Pisa scattarono le indagini dopo due attentati incendiari che destarono sconcerto e paura.

Guerini e Ragusa nella prima decade degli anni Duemila finirono nell’inchiesta che mise sotto la lente un gruppo di giovani anarchici che furono accusati a vario titolo di attività con finalità terroristica e di eversione dell’ordine democratico (reati poi caduti già nel corso dell’inchiesta) e di danneggiamento perché ritenuti responsabili di due attentati incendiari verificatisi tra l’agosto e il settembre 2005 che ebbero come bersagli la sede dell’agenzia di lavoro interinale "Adecco" di via Roma a Pisa e un traliccio dell’alta tensione a Molina di Quosa. Episodi inquietanti che fecero tornare l’allarme "eco-terrorismo". Guerini – si legge nel pronunciamento della Cassazione – fu detenuta in carcere per 299 giorni e sottoposta alla misura degli arresti domiciliari per 442 giorni; il Ragusa, invece, fu detenuto in carcere per 646 giorni e sottoposto alla misura dei domiciliari per 88 giorni. Nel 2008 il gip di Pisa aveva dichiarato nei loro confronti il non luogo a procedere per i principali capi d’imputazione perché gli elementi acquisiti erano inidonei o insufficienti a sostenere l’accusa. Per il danneggiamento, nel 2009, il tribunale li aveva assolti per non aver commesso il fatto: sentenza confermata in appello e divenuta definitiva – si legge – a seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso per Cassazione proposto dal Procuratore generale presso la Corte d’appello. Da qui la richiesta risarcitoria.

ll giudice, si apprende, ha motivato il diniego alla domanda di riparazione per ingiusta detenzione con una valutazione secondo la quale gli imputati avrebbero dato corso o concorso a dare causa alla loro detenzione per dolo o colpa grave sulla base delle intercettazioni ambientali. Secondo gli ermellini in questo caso, il giudice ha conferito rilievo centrale al contenuto di intercettazioni che, invece, erano state "ritenute non utilizzabili" dal giudice di merito. Non facendo così corretta applicazione del principio secondo cui in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini della valutazione del dolo o della colpa grave, "il giudice non può utilizzare gli esiti di intercettazioni che nel giudizio siano risultati, anche solo “fisiologicamente”, inutilizzabili".

Carlo Baroni