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La dottoressa Elena Balestri del Dipartimento di biologia
Pisa, 14 gennaio 2025 – Alleati dell’uomo, nemici dell’ambiente: i farmaci che curano dolori e infiammazioni possono compromettere la capacità delle piante marine di rispondere agli stress ambientali. E’ quanto emerge da uno studio interdisciplinare condotto dall’Università di Pisa, che per la prima volta ha esaminato l’impatto di diverse concentrazioni di ibuprofene sulla Cymodocea nodosa (Ucria) Ascherson, una specie che cresce in aree costiere poco profonde. La ricerca ha dimostrato come una concentrazione di questo antinfiammatorio pari a 25 microgrammi per litro sia in grado di danneggiare le membrane cellulari e l’apparato fotosintetico delle piante, compromettendo la loro resilienza. Uno studio che ha visto collaborare tre team di ricerca del nostro Ateneo: il gruppo di botanica e fisiologia vegetale, il gruppo di biologia farmaceutica e quello di ecologia.
"Abbiamo esposto le piante a diverse concentrazioni di ibuprofene rilevate nelle acque costiere del Mediterraneo per 12 giorni - dice Elena Balestri del dipartimento di biologia - Al termine della sperimentazione abbiamo rilevato un forte livello di stress delle piante che fa supporre che esposizioni prolungate o ripetute nel tempo possano avere conseguenze più gravi".
Per esempio?
"Alte concentrazioni di ibuprofene potrebbero alterarne la capacità fotosintetica e limitarne la capacità di espansione e di risposta a altri fattori di stress. In più...".
Dica...
"Il rischio è un’ulteriore regressione delle praterie marine già in atto in molte zone costiere. Uno scenario preoccupante se consideriamo le funzioni ecologiche svolte dalle angiosperme: proteggono le coste dall’erosione, immagazzinano carbonio e producono ossigeno".
Come mai la ricerca si è concentrata sull’ibuprofene?
"E’ uno degli antinfiammatori più utilizzati e tra i più difficili da rimuovere dall’ambiente. Attualmente, si stima che il consumo globale di ibuprofene superi le 10.000 tonnellate annue e si prevede che aumenterà in futuro, ma gli attuali sistemi di trattamento delle acque di scarico non sono in grado di rimuoverlo completamente perciò anche la contaminazione ambientale aumenterà".
Come intervenire?
"Bisogna agire sui trattamenti di depurazione delle acque, mettendo a punto tecnologie più efficaci che riducano l’immissione dei farmaci non solo nell’ambiente marino ma anche nei corsi d’acqua dolci che spesso sono utilizzati per l’irrigazione dei campi e attraverso i quali questi farmaci rischiano di arrivare sulle nostre tavole".