Rosso cinabro Scoperta degli archeologi pisani

Studio Unipi retrodata l’uso del pigmento agli inizi del IV millennio dell’età neolitica.

Rosso cinabro Scoperta degli archeologi pisani

Cristiana Petrinelli Pannocchia durante una campagna di scavo

All’inizio del VI millennio a.C. le popolazioni neolitiche italiane avevano già sviluppato tecniche avanzate per estrarre, lavorare e utilizzare il cinabro. È la scoperta fatta da un gruppo di ricerca italo-spagnolo che vede assieme Università di Pisa, la sede pisana Iccom del Cnr e il Consejo auperior de investigaciones científicas (Csic) di Barcellona. Il ritrovamento delle tracce che testimoniano l’uso precoce del cinabro, spiega una nota, è stato fatto nel sito archeologico de La Marmotta, sul Lago di Bracciano. Il ritrovamento, spiegano i ricercatori, impone una revisione delle conoscenze attuali riguardanti la diffusione e l’uso dei pigmenti minerali nel Neolitico europeo. "La scoperta dell’uso del cinabro in questo contesto è particolarmente significativa perché è un minerale tossico che richiede gestione e trattamenti particolari - spiega Cristiana Petrinelli Pannocchia del Dipartimento di civiltà e forme del Sapere dell’Università di Pisa -. Oltre a ciò, l’uso del cinabro a La Marmotta riflette un significativo aspetto culturale e simbolico delle società neolitiche. Il pigmento rosso, ottenuto dal cinabro, è spesso associato a pratiche rituali e cerimoniali. Uso simbolico che potrebbe indicare una complessa struttura sociale e spirituale tra le popolazioni neolitiche della regione. La datazione che siamo riusciti a stabilire attraverso i reperti del sito de La Marmotta ci permette di arretrare l’uso del cinabro in Italia all’inizio del VI millennio a.C., ridefinendo la cronologia dell’uso di questo pigmento nel Mediterraneo occidentale".