
di Eleonora Mancini
Il cantiere c’è ma non si vede, tanto che c’è chi vorrebbe vedere operai al lavoro nella chiesa di San Francesco, chiusa dal 2016 per motivi di sicurezza. Il tetto rischiava di crollare: il sopralluogo della Soprintendenza e le analisi rilevò che le travi del tetto sono praticamente marcie, tanto che il progetto complessivo ne prevede la sostituzione. Intanto il tetto è al sicuro sostenuto da una ‘selva’ di colossali tubi innocenti.
Sono in verità tre i cantieri che interessano la chiesa, come spiega Maria Grazia Tampieri, architetto della Soprintendenza e responsabile dei beni monumentali: "Da luglio si lavora a un braccio del chiostro, quello parallelo alla facciata; mentre quello adiacente alla chiesa sarà messo in sicurezza in parallelo con i lavori dentro il monumento". La buona notizia è che la gara pubblica per mettere in sicurezza il tetto non dovrà più essere gestita tramite le lunghe procedure di Invitalia, ma potrà avvenire in modo più snello grazie alle nuove regole del decreto Semplificazioni.
Intanto, lunedì 13 inizierà il cantiere per il restauro della facciata (la fine è prevista entro dicembre, meteo permettendo) e già domani saranno smontati i ponteggi sul retro della chiesa. Mentre San Francesco piano piano si avvia a rinascere e proprio oggi festeggia il suo patrono, resta in sordina un importante anniversario, che va in parallelo con quello dei 700 anni della morte di Dante che avrà il suo clou nel 2021.
Proprio fra un anno sarà il ventesimo anniversario della riesumazione e del riconoscimento delle spoglie del Conte Ugolino e dei suoi figli, sepolti proprio dentro la chiesa. Protagonista della clamorosa scoperta avvenuta nel 2001 fu Francesco Mallegni, l’antropologo ed ex docente dell’Università di Pisa, autore di studi e ricerche sulle spoglie di personaggi storici come Giotto, Arrigo VII e altri, e autore con il figlio Gabriele (scultore) anche della ricostruzione del volto dell’Alighieri da un calco del cranio del Sommo Poeta. Mallegni ricorda la sua esperienza con il conte Ugolino.
"L’idea di fondo era di capire se davvero Ugolino con i due figli e i due nipoti morirono nel modo in cui racconta Dante e se fosse vera quella che si dimostrò poi una ‘bufala’: che i suoi resti erano stati portati in Santa Croce a Firenze, come ‘martire del guelfismo’. Anche gli attuali conti Della Gherardesca, Guelfo e Ugolino, erano d’accordo e fu costituito allora uno staff scientifico da me guidato. Scritti e notizie convergevano nell’individuare la sepoltura nella chiesa di San Francesco. Qui vi era la tomba della famiglia, di cui una parte è ora nel museo di San Matteo". "Nel 2001 – prosegue Mallegni -, l’assessore alla Cultura Bianca Storchi Gorini propose di indagare anche in relazione a quanto lo storico locale Francesco Capecchi raccontava nelle sue storie di divulgazione di personaggi pisani. I Conti attuali confermarono che i resti non erano mai arrivati a Firenze, ma rimasero a Pisa nella cappella dei Della Gherardesca, dopo essere spostate almeno tre volte nel chiostro, primo luogo di sepoltura ed almeno in altre due tombe nella chiesa di San Francesco dove ancora riposano. Lo studio storico-biologico dei loro resti ha confermato le loro appartenenze. Tutta la verità è nel libro che scrissi con la professoressa Maria Luisa Ceccarelli Lemut nel 2003".
"I cadaveri di Ugolino, Uguccione, Gaddo, Anselmuccio e Nino il Brigata, che morirono nella Torre della Fame – racconta Mallegni -, furono da noi ritrovate, nella cappella dei Della Gherardesca, prelevammo le ossa e iniziammo ad analizzarle". Lo studio rivelò non solo età coincidenti con i personaggi storici ma anche "analogie morfologiche e metriche proprie a soggetti tra loro strettamente imparentati". E anche le cause della morte: l’inedia. "Durante i mesi di prigionia nella Torre della Fame, in Piazza dei Cavalieri – spiega -, furono alimentati di solo pane. È probabile che siano morti di inedia quando fu deciso di togliere loro anche l’acqua".