
di Eleonora Mancini
PISA
Tra le molte vicende aperte sul presente e sul futuro di alcuni beni culturali (e non solo) della città di Pisa c’è anche quella che riguarda la chiesa di San Vito sul Lungarno Simonelli e la questione dell’affresco incompiuto. Qui, nel 2012, per volontà degli Amici dei Musei e dei Monumenti Pisani, allora presieduti da Mauro Del Corso (scomparso nel 2014), e con il placet dell’arcivescovo Alessandro Plotti e dell’allora sindaco Paolo Fontanelli, iniziò quella che venne celebrata come una delle più importanti opere mai realizzate nella contemporaneità e che avrebbe reso Pisa capitale mondiale dell’affresco (come se quela del Camposanto fossero irrilevanti...).
La grande "impresa" fu affidata a Luca Battini e si resse sulla liberalità di diverse persone che contribuirono al suo finanziamento. Il richiamo suscitato dall’impresa coinvolse molti pisani e non solo che parteciparono alle selezioni per prestare il proprio volto alle scene che avrebbero dovuto raccontare alcuni dei momenti più significativi della vita di San Ranieri patrono di Pisa. Dopo l’inaugurazione della prima maestosa scena, nel 2013, però, i lavori si interruppero e l’affresco rimase una incompiuta alimentando, nel tempo, dibattiti e sollecitazioni affinché fosse concluso. La chiesa, frattanto, era rimasta un cantiere malconcio dal tempo e dall’abbandono, fino a che, nel 2019, non vi sono tornati i parrocchiani di San Nicola che, ottenutane la concessione dall’amministrazione comunale e rimessala in sesto a proprie spese, da due anni la utilizzano per incontri e preghiere della loro comunità. Sin qui l’antefatto. Ora che la chiesetta è tornata pulita e vivibile, il pittore Battini ha manifestato la sua intenzione di portare finalmente a compimento l’affresco e assieme agli Amici dei Musei ha presentato al Comune le proprie richieste. Tra queste, la necessità di riaprire il cantiere nella chiesa. Ne è nata una controversia con la parrocchia di San Nicola che dal canto suo ha posto le proprie condizioni.
Padre Mariano è il parroco titolare di San Nicola ed è anche l’ultimo degli agostiniani che dal 1295 avevano la titolarità della chiesa di San Vito. "Da sempre – spiega –, questa chiesa è stata una succursale di San Nicola. Dopo le distruzioni della guerra e diversi eventi, padre Renzo la rimise in funzione tanto che nel 1998 grazie al finanziamento della parrocchia, della Scuola Edile e dell’allora presidente degli Industriali, Carlo Alberto Dringoli, fu restaurata".
La Chiesa è ritornata ad essere un gioiello. Poi arrivò il 2012.
"Prima del 2012 fu stipulato un contratto di concessione col Comune: pagavamo 500mila lire l’anno e facevamo molte celebrazioni. Poi, nel 2012, senza interpellarci, il sindaco e l’arcivescovo di allora diedero il permesso per la realizzazione dell’affresco. Il pittore venne a rassicurarci, dicendoci che gli sarebbero bastati due-tre mesi d’estate e che noi avremmo potuto continuare a celebrare. Di fatto, però, dovemmo andarcene. Il seguito è noto: l’affresco non fu finito e la chiesa rimase abbandonata".
Nel 2019 tornate.
"Sì. L’abbiamo ritrovata in condizioni indecenti, persino i sanitari dei bagni erano stati scardinati e oltre ai resti del cantiere abbiamo trovato sporcizia e degrado causati dall’occupazione abusiva di diverse persone. Questa chiesa è un gioiello storico-artistico, basta vedere quel che resta di un antico affresco. Ma nessuno sembra essersene preoccupato".
Così avete investito per tirarla a lucido e renderle in qualche modo giustizia.
"Abbiamo speso circa 10mila euro più 3mila per rifare il bagno, 800 per pagare le bollette arretrate dell’acqua da noi mai utilizzata. Abbiamo trovato materassi, escrementi, di tutto: con i rifiuti che c’erano abbiamo riempito due camion. È stato un importante lavoro per la nostra comunità. Appena abbiamo pulito è ricomparso il pittore che per quasi dieci anni non si era fatto più vedere".
Cosa le ha detto?
"Che vuole ricominciare, ma io non mi fido più".
La questione è in effetti controversa, perché il Comune affidò un bene pubblico senza un piano economico e senza chiedere garanzie di tempi per la conclusione dei lavori? Ora tuttavia sembra che ci sia tutta la buona volontà per terminare. Cosa ne pensa?
"Che non ci fidiamo e prima di noi non dovrebbe fidarsi l’amministrazione comunale, visto che già in passato non ci sono state prove di affidabilità. Noi, in qualità di titolari della concessione, abbiamo fatto la nostra controproposta: se vuole impostare il cantiere deve stare alle nostre condizioni, cioè lasciarci fare le nostre celebrazioni. Possiamo fornire uno spazio ridotto rispetto a quello che ha chiesto, senza interferenza tra quello relativo al cantiere e quello restante della Chiesa, dove noi possiamo svolgere le nostre attività, e il pagamento delle utenze a suo carico. Abbiamo incaricato un ingegnere di calcolare gli spazi e abbiamo preteso di stipulare un contratto per avere nero su bianco garanzie della fine e penali per i ritardi".
Perché questa chiesa è così importante per voi?
"Non possiamo permetterci di lasciarla per un disegno. Qui aiutiamo moltissima gente attraverso la parola di Dio, l’ascolto e la vicinanza. Ora, in special modo, che la pandemia ha colpito duramente tante famiglie e tanti giovani non possiamo abbandonare chi abbiamo aiutato sinora. Tante coppie si sono sfaldate e una settantina di ragazzi stanno vivendo nell’abisso di anoressia, mutismo, depressione. C’è chi ha tentato il suicidio. Questo spazio per noi è importante e non possiamo arretrare di un millimetro. Per cosa, poi? Per un disegno?".